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Galleria Massimo Minini, Brescia

Alberto Garutti

Galleria Massimo Minini, Brescia

Non possiamo fare finta di niente. Questa “mostra” che nasce e ha luogo – trova il suo luogo, direi il suo rifugio -, in Galleria (Minini) come al porto naturale dove gettare l’àncora ancora una volta, mi piace veramente e tanto, mi piace per partito preso, da partigiano. A tal punto che fra due mesi, allo smontaggio, canteremo Bella ciao!
Alberto da questo molo è salpato nel 1976, con la sua prima mostra, ha fatto il giro del mondo, ogni tanto approdava di passaggio, faceva scorta d’acqua e farina, poi via per nuove avventure.
Delle sue soste, sette naturalmente – come i samurai, le meraviglie, quelli contro Tebe, le camicie sudate – ricordo in modo speciale quella del 1985… Alberto fu obbligato a una lunga sosta, era successo che il tempo (atmosferico) s’era ricordato di darci una frustata in faccia: la grande nevicata. Dovette restare a lungo in galleria, la porta non si apriva, la neve alta più di un metro s’era ghiacciata e obbligava Garutti ad allestire uno studio provvisorio in attesa del disgelo.
Abbiamo avuto tempo di parlare di tutto, del lavoro, dei lavori, della vita, delle scelte, delle letture, della pipa e dei modi di caricarla: allora fumavamo entrambi beatamente sfidando il pericolo della nicotina. Scioltisi i ghiacci, Alberto salpò quasi subito per recuperare il tempo perso, ma si capiva che sarebbe rimasto ancora un poco, volentieri.
Forse colpa della lunga convivenza, chissà, per un po’ non ci siamo visti né sentiti, come se la prigionia avesse scaricato il bisogno di frequentazione. Lui era anche in un momento di cambiamenti, il suo lavoro stava mutando: da intimo, pittorico, segreto, stava diventando un lavoro di grandi dimensioni, più freddo, oggettivo. Il Prof. Garutti, uno dei giovani pilastri di Brera, stava prendendo il sopravvento su Alberto e preparava la stagione di arte pubblica che di lì a poco sarebbe esplosa con i lavori da Zegna, a Villa Manin, con Tiscali, eccetera: un nuovo approccio all’opera destinata al grande pubblico.

Rivedo Alberto a Milano dopo tanto e riprendiamo il discorso sui modi per mantenere a lungo accesa la pipa. Ma non è più come prima, abbiamo vaghi dolori ai polmoni che ci confermano essere arrivato il tempo di smettere.
Veramente il tempo (questa volta non atmosferico, ma della vita) sta passando a gran velocità. Direi il meglio è passato ormai. Invece lui mi presenta il progetto di una mostra sul tema del presente, una sequenza di passaggi e occasioni che riflettono sull’opera come dispositivo critico per guardare la realtà, un succedersi continuo di attimi presenti.
“Cosa farai vedere da me, Alberto?”
L’opera centrale della mostra è un dipinto dai colori tenui, la lunga tela gira sui rulli e si muove molto lentamente, impiega quasi 24 ore per tornare ad essere quella dell’inizio. Bisognerebbe metterci un divano davanti, dei libri, bottiglia e bicchiere, ma si anche la pipa, starsene a guardare e pensare. Pensare a cosa? “Al passato e al futuro, che fare?” come diceva Mario Merz citando Lenin; Garutti invece suggerisce di “Accedere al presente”.
In fondo sono tante le domande che un lavoro apparentemente semplice pone. Cosa si può dire di un dipinto a righe alternate bianche e blu (scuro)? A cosa dobbiamo stare attenti? Agli aspetti ottici? A come lo hai dipinto? Il bianco è uniforme in orizzontale mentre il blu sembra dato in verticale e con la pennellata più evidente tanto che si vedono le invisibili righe lasciate dalle setole. Un minimo accenno fatto forse per vedere chi è attento e chi no?
In realtà l’opera di Alberto è un dispositivo astratto e pittorico che regala al riguardante l’esperienza dello sguardo: pochi secondi di accecante bagliore.

Galleria Massimo Minini
Via Apollonio 68, Brescia
030383034, info@galleriaminini.it, www.galleriaminini.it
Orari: dal lunedì al venerdì 10.00 – 19.00. Sabato 15.00 – 19.00
Ingresso gratuito

Installation view Alberto Garutti, 2021, © Petrò Gilberti