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Arahmaiani-Handle-Without-Care-1996-1997

Arahmaiani. Politics of Disaster. Gender, Environment, Religion

PAV – Parco Arte Vivente, Torino

A cura di Marco Scotini

Giovedì 5 Marzo 2020, alle ore 18:00, il PAV Parco Arte Vivente inaugura Politics of Disaster. Gender, Environment, Religion, la prima personale italiana dedicata a una delle più iconiche e riconosciute artiste indonesiane. Anticonformista, blasfema e trasgressiva: così è stata spesso definita Arahmaiani per il suo radicalismo e per la sua intromissione in tematiche ai confini del politico. L’esposizione, a cura di Marco Scotini, si concentra, dopo l’indiana Navjot Altaf, su un’altra figura chiave dal contesto asiatico, nella specifica relazione che intercorre tra sfruttamento ambientale e soggetti oppressi, le donne e le minoranze.

La carriera internazionale di Arahmaiani (Bandung 1961, vive a Yogyakarta) ha avuto pionieristici riconoscimenti già negli anni ‘90: invitata da Apinan Poshyananda alla mostra seminale Tradition/Tensions, presso l’Asia Society di New York (1996), tra i 100 artisti internazionali presenti nella celebre “exhibition-in-a-book” Fresh Cream (2000), fino alla 50a Biennale di Venezia dove ha rappresentato il Padiglione dell’Indonesia (2003). Nel 2007 partecipa a Global Feminism, prima e acclamata rassegna transnazionale sul genere, al Brooklyn Museum.

L’approccio di Arahmaiani al femminismo si basa su un principio oppositivo di tensione ed “equilibrio tra energia femminile e maschile”, in cui tutti gli aspetti della vita sono interconnessi. La sua trentennale ricerca affronta temi quali il genere e la religione, le lotte per la giustizia sociale e l’ecologia, come parametri fondamentali per una critica al biopotere, nella società profondamente patriarcale indonesiana.

«Quello che è diventato il centro della mia attenzione sono le situazioni, le forze che “muovono” il corpo», scrive l’artista nel 1993 in rapporto alla sua attività performativa. Come sottolinea Angela Dimitrakaki, questa affermazione diventa più concreta se si considera il lavoro di Arahmaiani nel suo insieme; la sua attenzione su specifici eventi storici, sul passaggio della storia in quanto tale, è imprescindibile. Questa storia è spesso enfatizzata come una storia del “disastro” – disastro di genere, politico, ecologico, in relazione al quale (piuttosto che in conseguenza ad esso, citando Dimitrakaki) Arahmaiani crea come una “sognatrice nomade”.

Fin dagli esordi, si è avvicinata alla pratica artistica orientata a un approccio performativo come una forma di attivismo politico. Viene arrestata dal regime militare a causa della sua controversa performance Independence Day (1983) ed alcune delle sue storiche esposizioni, come «Sex, Religion and Coca Cola» (1994) e «Sacred Coke» (1995), hanno causato dure reazioni, violente polemiche, perché il genere e la religione rimangono, ancora oggi, questioni tabù in un paese che ha attraversato settarismo religioso e repressione politica, fino alla caduta del regime di Suharto nel 1998. Etalase (Display Case), una vetrina che conteneva una statuetta di Budda, una Coca-Cola, il Corano e una confezione di preservativi, provocò nel ’94 l’ira dei fondamentalisti islamici tanto da costringerla a lasciare il suo paese. Altrettanto provocativo il suo dipinto LinggaYoni (1993) rovescia l’iconografia induista dell’emblema fallico del lingam nella potenza femminile della yoni inserendo scritte arabe, malesi e hindi come concetto di unità cosmica. O ancora nella sua performance His-Story (2000) invita il pubblico a scrivere sul suo corpo in una società in cui nella sfera pubblica gli uomini non possono toccare le donne.

Dal 2010, il focus del suo lavoro si è concentrato sulle questioni ambientaliste, a partire dalla regione dell’altopiano tibetano, dove ha collaborato attivamente con una comunità di monaci buddisti e abitanti dei villaggi locali per promuovere la conservazione ambientale. Politics of Disaster si apre con questo decennale progetto partecipativo posto al centro, fisico e concettuale, dello spazio espositivo: Memory of Nature (2013 – ongoing) prendendo in prestito la forma del tempio di Borobudur a Java, è un lavoro
contemplativo e meditativo, che evoca la memoria dell’universo ed enfatizza i sistemi valoriali che ci motivano a rispettare la natura. Durante l’opening, Arahmaiani stessa attiverà il lavoro tramite una performance fondata sulla metafora della cura del mondo come giardino. Esposte nella stessa sala, anche le bandiere della serie Flag Project in velluto di seta, piene di colori che contengono parole come “libertà”, “compassione”, “armonia” in diverse lingue (sanscrito, javanese, inglese, etc.) e sospendono il loro simbolismo tra riti tradizionali e attivismo contemporaneo, per produrre un dialogo pubblico a proposito di identità, vulnerabilità e culture.

La seconda parte della mostra procede poi a ritroso nel tempo, proponendo la documentazione di diverse performance che l’artista ha dedicato, negli ultimi trent’anni, ai temi della mercificazione del corpo della donna e della distruzione ambientale. Un corpo soggetto a processi biopolitici che sembrano non fare differenza tra sfruttamento del lavoro riproduttivo delle donne e quello delle risorse naturali, corpi che il sistema capitalista sacrifica quotidianamente in nome delle leggi dell’economia neo-liberista. Le due sale conclusive sono dedicate a due tra i suoi lavori performativi più potenti, le performance Handle Without Care (1996) e His-Story (2000).

La sua pratica, vicina al movimento delle donne in Indonesia, non è certamente ascrivibile alle categorie del femminismo occidentale, troppo preoccupato per l’indipendenza e l’auto-affermazione individuale, rispetto allo stato di disuguaglianza e drammatica iniquità del ‘sud del mondo’, risultato del colonialismo e di uno squilibrato processo di modernizzazione capitalista. La sua prossimità è, piuttosto, con le posizioni del femminismo marxista: la lotta per la liberazione della donna non può che essere una lotta di classe.

Il lavoro di Arahmaiani è stato ampiamente esposto in musei e biennali di tutto il mondo, dall’Asia agli Stati Uniti, in Australia e in Europa: Biennale dell’immagine in movimento, Ginevra (2003); Biennale di Gwangju (2002); Bienal de São Paulo (2002), Performance Biennale, Israele (2001); Biennale di Lione (2000); Werkleitz Biennale (2000); Bienal de la Habana (1997); Asia Pacific Triennial (1996); Yogya Biennial, (1994).

La mostra è realizzata con il sostegno della Compagnia di San Paolo, della Fondazione CRT, della Regione Piemonte e della Città di Torino.

All’interno delle iniziative previste per l’approfondimento della mostra Politics of Disaster. Gender, Environment, Religion, le Attività Educative e Formative del PAV propongono La Lingua Madre della Terra, laboratorio di scrittura con l’alfabeto della natura. L’umanità vive oggi criticità di cui l’arte contemporanea si fa testimone e, come accade al PAV, s’impegna in una visione critica ed ecologica. La difficoltà a comunicare attraverso codici condivisi che possano favorire relazioni cooperative e costruttive, ci invita a ricercare una rinnovata, reciproca, comprensione e a trovare attraverso l’empatia una possibile lingua comune.
Arahmaiani con la sua ricerca ci parla di differenze sociali, culturali ed economiche diffuse a livello globale. Gli alfabeti utilizzati dall’artista, saranno utili per individuare insieme un’inedita chiave di lettura, un linguaggio che prenda a modello la natura a partire dagli elementi vegetali presenti nel parco del PAV.
Per partecipare alle attività è necessaria la prenotazione: 011 3182235 – lab@parcoartevivente.it

The PAV, Parco Arte Vivente, is pleased to present Politics of Disaster. Gender, Environment, Religion, the first Italian, solo exhibition dedicated to one of the most iconic and well-known artists from Indonesia. Nonconformist, blasphemous and transgressive: are some of the expressions often used to describe Arahmaiani due to her radicalism and meddling in subjects bordering on the political. The exhibition, curated by Marco Scotini, focuses on another key figure from Southeast Asia context, in the specific relationship between environmental exploitation and oppressed subjects, women and minorities.

The international career of Arahmaiani (born in Bandung 1961, lives in Yogyakarta) received pioneering recognition back in the 1990s: invited by Apinan Poshyananda to participate in the seminal exhibition Tradition/Tensions, at the New York Asia Society (1996); one of the 100 international artists present in the famous “exhibition-in-a-book” Fresh Cream (2000); through to the 50th Venice Biennale where she represented the Indonesian Pavilion (2003). In 2007, she participated in Global Feminism, the first transnational collection on gender at the Brooklyn Museum.

Arahmaiani’s approach to feminism is based on the opposing principles of tension and “the balance between female and male energies”, in which all aspects of life are interconnected. Her 30 years of research tackle subjects such as gender and religion, the battles for social justice and ecology as fundamental parameters for the criticism of bio-power within the profoundly patriarchal Indonesian society.

“What became the focus of my attention were the situations, the forces that ‘move the body,'” the artist wrote in 1993 in relation to her performative activities. As Angela Dimitrakaki has pointed out, this claim becomes more substantiated when one considered Arahmaiani’s work as a whole—her attention to specific, historic events, to the passage of history as such is unquestionable. This history is often emphasized as the history of “disasters”: disasters of gender, politics, ecology and in relation to which (rather than as a consequence—going on with Dimitrakaki) Arahmaiani creates like a “nomadic dreamer.”

From the outset, she was drawn to an artistic practice orientated towards a performative approach as a form of political activism. As a result of her controversial street performance Independence Day (1983) she was arrested and her historic exhibitions such as “Sex, Religion and Coca Cola” (1994) and “Sacred Coke” (1995), generated negative reactions and even death threats, as gender and religion were, and remain, taboo issues in a nation that suffered religious sectarianism and political repression up until the fall of the Suharto regime.

Since 2010, her work has concentrated on environmental issues, beginning with the highlands of the Tibetan region where she collaborated with a community of Buddhist monks and the inhabitants of local villages in order to promote environmental conservation. Politics of Disaster opens with this participative project at the center of the exhibition space: Memory of Nature (2013) making use of the form of the Borobudur temple in Java, is a contemplative and meditational work that highlights the value systems that motivate us to respect Nature. During the opening, Arahmaiani herself will start the work with a performance based on the metaphor of taking care of the world like a garden.

Her work, close to the women’s movement in Indonesia, is close to the position of Marxist feminism: the struggle for women’s liberation cannot be other than a class struggle.

Arahmaiani’s work has been widely exhibited in museums and biennials throughout the world, from Asia to the United States, in Australia and Europe: the Biennial of the Moving Image, Geneva (2003); the Gwangju Biennial (2002); the São Paulo Biennial (2002); the Performance Biennial, Israel (2001); the Lione Biennial (2000); the Werkleitz Biennale (2000); the Bienal de la Habana (1997); the Asia Pacific Triennial (1996); and the Yogya Biennial, (1994).

PAV – Parco Arte Vivente
Via Giordano Bruno 31, Torino
+39-011-3182235, info@parcoartevivente.it, www.parcoartevivente.it
Orari: venerdì 15-18; sabato e domenica 12-19
Biglietti: intero euro 4,00; ridotto euro 3,00