Berlinde De Bruyckere. City of Refuge III
Evento Collaterale della 60. Esposizione Internazionale d’Arte – La Biennale di Venezia
A cura di Carmelo A. Grasso, Ory Dessau, Peter Buggenhout
Il 20 aprile 2024, viene inaugurata una mostra di nuove opere dell’artista belga Berlinde De Bruyckere concepite appositamente per gli spazi sacri dell’Abbazia di San Giorgio Maggiore. La chiesa benedettina del XVI secolo, situata sull’Isola di San Giorgio Maggiore a Venezia, è uno dei principali esempi di architettura palladiana della città. Intitolata “City of Refuge III”, la mostra è stata realizzata in collaborazione con la Benedicti Claustra Onlus, ramo no-profit della Comunità Benedettina, e con il suo Direttore Carmelo A. Grasso, che insieme a Ory Dessau e Peter Buggenhout forma il team curatoriale.
Oscillando tra trascendenza e immanenza materiale, “City of Refuge III” è costituita da tre nuovi gruppi di opere di De Bruyckere che dialogano con l’architettura monumentale della chiesa, la sua funzione, il suo simbolismo, la sua storia. In esposizione: una serie di sculture di arcangeli nella navata centrale e nelle navate laterali, un’installazione di grandi dimensioni presso la Sacrestia della chiesa, e teche contenenti opere scultoree lungo il corridoio della Galleria del Monastero. Prendendo il titolo dall’omonima canzone di Nick Cave, “City of Refuge III” è la terza di una serie di mostre dell’artista che tematizzano l’arte come luogo di rifugio e riparo: un tema qui accentuato dall’intensità spirituale del luogo.
Nel 2013, De Bruyckere è stata selezionata per rappresentare il Belgio alla 55. Esposizione Internazionale d’Arte — La Biennale di Venezia dove, in collaborazione con il premio Nobel J.M. Coetzee, ha inaugurato la sua monumentale opera site-specific “Kreupelhout — Cripplewood”. Nel corso della sua attività, De Bruyckere ha riprodotto forme ibride con caratteristiche umane, animali e organiche. Attingendo dall’eredità dei grandi maestri europei, dal Rinascimento fiammingo, dall’iconografia cristiana, dalla mitologia e dal folclore, l’artista stratifica storie esistenti con nuove narrazioni ispirate da eventi attuali. Crea un terreno psicologico di pathos, tenerezza e disagio. Indagando le dualità di amore e sofferenza, pericolo e protezione, vita e morte, le opere di De Bruyckere trascendono le implicazioni teologiche, sfociando nel regno dell’universale e del profano.
Il primo gruppo di opere che occupa la Basilica pone in evidenza l’archetipo dell’arcangelo. Il soggetto appare come una figura velata e ibrida, che giustappone l’umano al divino, il creaturale o terreno al celeste, il temporale all’eterno. Si tratta di un’installazione di arcangeli, ognuno dei quali emerge da un gruppo scultoreo modulare composto da un piedistallo irregolare a forma di pilastro con patina argentata, uno schermo a specchio inclinato che moltiplica il soggetto e l’ambiente circostante, e uno stendardo monumentale che accentua l’aspetto rituale dell’ambiente e delle opere.
Nella Sacrestia, De Bruyckere espone un’installazione di tavoli da saldatura in metallo con tronchi d’albero abbattuti o morti, ricoperti da una colata di cera. L’installazione dà vita a uno scenario post-apocalittico in cui i frammenti di natura morta subiscono una cristallizzazione ulteriore, instaurando così un orizzonte di redenzione, di ringiovanimento e rinascita, che conferisce alla scena un potenziale di crescita. In dialogo con gli arredi liturgici in legno della Sacrestia, l’installazione del tronco d’albero suggerisce un ambiente di precarietà per il dipinto sull’altare, opera di Giuseppe Porta (detto Salviati), raffigurante la presentazione di Gesù al tempio da parte di Maria e Giuseppe.
Un terzo gruppo di sculture nella Galleria del Monastero deriva dalle eccezionali opere dell’intagliatore fiammingo del XVI secolo Albert van den Brulle, che decorò il coro della Basilica con bassorilievi in noce raffiguranti la vita di San Benedetto. De Bruyckere ha risposto a questi elementi cinquecenteschi allestendo una sequenza di nuove teche in cui i motivi dei bassorilievi di van den Brulle vengono ripresi, fossilizzati per un contesto più attuale.
Infine, sempre nella Galleria del Monastero, sono esposte opere recenti della produzione dell’artista. Queste opere forniscono un ideale ulteriore contesto ai lavori creati per l’occasione. Tra questi, si trovano esempi della serie scultorea “Anderlecht” e collage della serie “It Almost Seemed a Lily,” entrambe produzioni di De Bruyckere.
Berlinde De Bruyckere è nata a Gand, in Belgio, nel 1964, dove tuttora vive e lavora. Dalla prima esposizione a metà degli anni Ottanta, le sculture e i disegni di De Bruyckere sono stati esposti in numerose mostre presso importanti istituzioni di tutto il mondo. Tra queste, la mostra in corso “No Life Lost” presso Artipelag, Gustavsberg, Svezia, e le mostre personali “Crossing a Bridge on Fire” al MAC / CCB, Lisbona, Portogallo (2023); “City of Refuge II,” Diözesanmuseum, Freising, Germania (2023); “City of Refuge I,” La Commanderie de Peyrassol, Flassans-sur-Issole, Francia (2023); “PEL / Becoming the figure,” Arp Museum, Remagen, Germania (2022); “Plunder / Ekphrasis,” MO.CO. Montpellier, Francia (2022); “Engelenkeel,” Bonnefanten Museum, Maastricht, Paesi Bassi (2021); “Berlinde De Bruyckere,” Middelheimmuseum, Anversa, Belgio (2020); “ALETHEIA,” Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, Torino, Italia (2019); “It Almost Seemed a Lily,” HVB, Mechelen, Belgio (2018); “Embalmed,” Kunsthal Aarhus, Danimarca (2017); “Suture,” Leopold Museum, Vienna, Austria (2016); “The Embalmer,” Kunstraum Dornbirn, Austria e Kunsthaus Bregenz, Austria (2015).
Abbazia di San Giorgio Maggiore
Isola di San Giorgio Maggiore 2, Venezia
abbazia@abbaziasangiorgio.it, visite@abbaziasangiorgio.it, +39 375 6323595
Orari: da aprile a settembre 11.00 -19.00; da ottobre a novembre 10.00 -18.00. Chiuso il lunedì
Ufficio stampa: Studio ESSECI di Sergio Campagnolo
Cover: Berlinde De Bruyckere, Anderlecht, 2018. Wax, bronze, iron, epoxy, 103 x 163 x 137 cm / 40 1/2 x 64 1/8 x 53 7/8 in © Berlinde De Bruyckere. Courtesy the artist and Hauser & Wirth Photo: Mirjam Devriendt