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GDA_CC_FATMAH-

Fatmah

Contemporary Cluster, Roma

Nicola Ghirardelli, Arvin Golrokh, Giuseppe Lo Cascio, Lorenzo Montinaro, Jacopo Naccarato, Linus Rauch, Franziska Reinbothe, Sofiia Yesakova
Testo critico di Arnold Braho

Contemporary Cluster è lieta di presentare mercoledì 18 settembre Fatmah, mostra collettiva internazionale accompagnata da un testo critico di Arnold Braho, con opere di Nicola Ghirardelli, Arvin Golrokh, Giuseppe Lo Cascio, Lorenzo Montinaro, Jacopo Naccarato, Linus Rauch, Franziska Reinbothe, Sofiia Yesakova.

Allinearsi a Fatmah ( فاطمة )
Fatmah ( فاطمة ) emerge in occasione dell’inagurazione dei nuovi spazi della galleria come un crogiolo di significati, radicati profondamente nelle tradizioni del Medio Oriente, come simbolo ricco di storie e interpretazioni, che riverberano attraverso narrazioni e rituali. Allinearsi a Fatmah ( فاطمة )significa immergersi in un tessuto complesso di memoria, in cui il sacro si intreccia con il quotidiano. In arabo infatti “Fatah”, da cui deriva, significa “aprire” o “rinnovare”, riferimento che riflette non solo la vitalità insita nel nome, ma anche una promessa di crescita e prosperità, un augurio di continua rigenerazione, di saggezza e di resilienza.

Il buon auspicio viene solitamente enunciato nel frammento temporale che intercorre tra la fine di qualcosa, e l’inizio di un’altra. Nel granulo di tempo che si frappone tra l’abbandono di un mondo conosciuto, i cui segni e le strutture appaiono ormai obsolete, e il primo passo verso universi ipotetici, in divenire. In questo lampo di realtà è insita una ritualità performativa, dove l’atmosfera emotiva di un gruppo si carica di tuoni, fulmini e venti variabili. Una sorta di divinazione, che richiede una precedente lettura del contesto per poter auspicare ad una forma di predizione degli (ipotetici) eventi.

Di conseguenza, Fatmah ( فاطمة ) può essere concepita come un rituale di passaggio, orienta il nostro sguardo ed è un fattore di azione sociale: svolge un ruolo cruciale, attivando forze positive in un campo di possibilità. Le strutture simboliche che compongono questo quadro variano tra interessi, intenti, fini, aspirazioni individuali o collettive, indipendentemente dal fatto che siano esplicitamente formulati o che si debba riconoscerli all’interno di pratiche o comportamenti. Infine, questi simboli hanno la caratteristica di acquistare o perdere continuamente significati, anche solo ripresentandosi nel frammento temporale di visualizzazione di un’opera.

In questa ottica il progetto espositivo Fatmah ( فاطمة ) consiste in una una molteplicità di relazioni, che si esprimono nei concatenamenti collettivi (nei segni, nel linguaggio, nei gesti). Se infatti nelle sculture di Nicola Ghirardelli il tempo si frammenta attraverso la scomposizione floreale e la sua successiva ricomposizione, nelle opere di Jacopo Naccarato è l’organicità del corpo umano ad essere il catalizzatore, mentre per Lorenzo Montinaro il tempo allude ad una molteplicità di passati,ad una memoria in costante sparizione. Parallelamente, la memoria si ripresenta nelle testimonianze personali, diventando un fattore di enorme importanza nelle opere pittoriche di Arvin Golrokh, come monito di pratiche di resistenza dal basso verso le repressioni istituzionalizzate. In questa frammentazione, anche gli elementi architettonici e strutturali si trovano in uno stato di sospensione: è il caso delle installazioni di Giuseppe Lo Cascio, oggetti svuotati dalla loro funzione originaria, e dotati di nuove possibilità di accumulazione; ma anche nelle tele di Franziska Reinbothe, scomposte e ricomposte fino alla formulazione di un nuovo grado strutturale; nella scomposizione delle utopie costruttiviste messa in atto dalle opere di Sofiia Yesakova, tanto quanto nella spazializzazione dell’immagine attraverso la pittura di Linus Rauch.

Disoriented. Istruzioni per lo sguardo
La figura di Fatmah (فاطمة), simbolo di rigenerazione e rinnovamento, incarna all’interno dei suoi apparati culturali l’idea di un passaggio tra mondi, tra passato, presente e futuro, tra un’idea di sacro e una di quotidiano. Porta con sé una certa dissonanza, un disordine perpetuo, intrinseco al sua stessa esistenza all’interno di un sistema linguistico. Questo è dato dal fatto che i suoi significati hanno la caratteristica di non poter essere cristallizzati in un monolite filologico, ma al contrario, di produrne continuamente di nuovi, e quindi di essere posizionati come conditio sine qua non nella liminalità, nel confine labile. Che cosa può voler dire allora orientare lo sguardo a partire da questa prospettiva? Esiste, considerate queste variabili, un metodo attraverso cui visualizzare qualcosa il cui significato sembra strabordare da tutte le parti senza volerne sapere di condensarsi in qualcosa di fisso?

Questo progetto espositivo porta con sé un’attitudine al disorientamento, intesa non tanto come posizione in movimento tra una cosa e l’altra, ma parte stessa del “movimento delle cose”, ossia un movimento che può essere sentito, toccato, ed esiste nella produzione di linguaggio tanto quanto di immaginazione. Il movimento è sincopato, e non segue una ritmica fissa, ma si adatta continuamente ed è capace di osservare l’esterno delle sovrastrutture che lo tengono intrappolato in una condizione di paralisi fisica e storica. Assumere questa prospettiva, questo orientamento dello sguardo all’interno, significherebbe immaginare di essere in movimento con gli uccelli e non al di fuori di essi, prendendo in causa la divinazione citata in precedenza. Un moto sincopato che ci si offre come occasione per entrare ripetutamente e atemporalmente verso un mondo rotto, per individuare un gruppo o un’utopia alla quale unirsi.

Le opere di Nicola Ghirardelli si presentano come un’alternativa all’ideologia fallita che per secoli ha perpetuato l’idea di poter domare l’organicità della natura, attraverso una frammentazione delle strutture simboliche floreali, scomposte e riassemblate in una continua metamorfosi che riflette l’instabilità del tempo e la necessità di rigenerazione. Allo stesso modo, nel lavoro di Jacopo Naccarato, il corpo umano è mutevole, e in esso si riflette una temporalità che scorre e si rinnova,permettendo di concepire i singoli modi, atti e processi del vivere non semplicemente come fatti del mondo, ma sempre e soprattutto come delle possibilità. La memoria, un altro tema cruciale della mostra, emerge nelle opere di Arvin Golrokh, dove la pittura si fa strumento di resistenza. Le tele in questione raccontano storie di repressione e di lotta contro le forze istituzionali, in un atto di resistenza dal basso. La memoria collettiva è qui un potente strumento di opposizione, e prende forma attraverso opere cariche di una storia personale, che scorre parallela a quella politica. La fragilità del tempo insita all’interno di oggetti e strutture emerge nelle installazioni di Giuseppe Lo Cascio. I suoi lavori, in bilico tra funzione e disfunzione, presentano oggetti privati della loro funzioneoriginaria, collocati in uno stato di sospensione: le informazioni che contengono sono qui le ipotetiche interazioni che questi oggetti possono avere con qualcuno o qualcosa grazie alla loro superficie estremamente sensibile. Questo processo di svuotamento e riempimento si ricollega all’idea di rigenerazione insita nella mostra, e si riflette anche nelle tele di Franziska Reinbothe, dove la scomposizione e ricomposizione delle superfici crea nuovi gradi di strutturalità attraverso le tele.

Lorenzo Montinaro e Sofiia Yesakova esplorano invece la scomposizione e ricostruzione della memoria e dell’architettura. Se per Montinaro il tempo si moltiplica, facendo riferimento a una serie di passati in costante sparizione, Yesakova opera attraverso la decostruzione delle utopie costruttiviste, riconfigurando spazi e volumi come in una continua ricerca di significato. Linus Rauch, con la sua pittura, introduce un’ulteriore dimensione spaziale, attraverso opere che sembrano estendersi oltre la tela, abbracciando l’ambiente circostante. La spazializzazione dell’immagine, come atto di espansione del pensiero, riflette perfettamente l’intento della mostra: costruire un dialogo tra il visibile e l’invisibile, tra l’opera e il suo contesto.

In questo senso, Fatmah (فاطمة) non è solo un’esposizione, ma un vero e proprio momento di trasformazione dove la rigenerazione e il rinnovamento, centrali nel simbolo da cui prende il nome, trovano espressione attraverso una molteplicità di linguaggi, materiali e pratiche artistiche. Le forze simboliche che si muovono in questa mostra si rivelano quindi in continua evoluzione, riflettendo il potenziale dell’arte di intervenire e trasformare la realtà.

Installation view Naccarato

Contemporary Cluster is pleased to present Fatmah, an international group exhibition accompanied by a critical text by Arnold Braho, featuring works by Nicola Ghirardelli, Arvin Golrokh, Giuseppe Lo Cascio, Lorenzo Montinaro, Jacopo Naccarato, Linus Rauch, Franziska Reinbothe, and Sofiia Yesakova, on Wednesday, September 18.

Aligning with Fatmah ( فاطمة )
Fatmah ( فاطمة ) emerges on the occasion of the opening of the gallery’s new spaces as a melting pot of meanings, deeply rooted in the traditions of the Middle East, as a symbol rich in stories and interpretations, reverberating through narratives and rituals. To align oneself with Fatmah ( فاطمة )is to immerse oneself in a complex fabric of memory, in which the sacred is intertwined with the everyday. Indeed, in Arabic “Fatah,” from which it derives, means “to open” or “to renew,” a reference that reflects not only the vitality inherent in the name, but also a promise of growth and prosperity, a wish for continued regeneration, wisdom and resilience.

The auspiciousness is usually enunciated in the fragment of time between the end of something, and the beginning of another. In the granule of time between the abandonment of a known world, whose signs and structures now appear obsolete, and the first step into hypothetical universes, in the making. Inherent in this flash of reality is a performative rituality, where the emotional atmosphere of a group is charged with thunder, lightning, and variable winds. A kind of divination, which requires a previous reading of the context in order to wish for a form of prediction of (hypothetical) events.

Therefore, Fatmah ( فاطمة ) can be conceived as a ritual of passage, it orients our gaze and is a factor of social action: it plays a crucial role, activating positive forces in a field of possibilities. The symbolic structures that make up this framework vary among individual or collective interests, intents, ends, and aspirations, regardless of whether they are explicitly formulated or whether we need to recognize them within practices or behaviors. Finally, these symbols have the characteristic of continuously gaining or losing meaning, even if only by reoccurring in the temporal fragment of viewing a work.

From this perspective, the exhibition project Fatmah (فاطمة ) consists of a multiplicity of relationships, which are expressed in collective chainings (in signs, language, gestures). If in fact in Nicola Ghirardelli’s sculptures time is fragmented through floral decomposition and its subsequent recomposition, in Jacopo Naccarato’s works it is the organicity of the human body that is the catalyst, while for Lorenzo Montinaro time alludes to a multiplicity of pasts,to a memory in constant disappearance. In parallel, memory recurs in personal accounts, becoming a factor of enormous importance in Arvin Golrokh’s pictorial works, as a reminder of practices of resistance from below toward institutionalized repressions. In this fragmentation, architectural and structural elements also find themselves in a state of suspension: this is the case in Giuseppe Lo Cascio’s installations, objects emptied of their original function, and endowed with new possibilities of accumulation; but also in Franziska Reinbothe’s canvases, decomposed and recomposed until the formulation of a new structural degree; in the decomposition of constructivist utopias enacted by Sofiia Yesakova’s works, as much as in the spatialization of the image through Linus Rauch’s painting.

Disoriented. Instructions for the gaze
The figure of Fatmah ( فاطمة ) a symbol of regeneration and renewal, embodies within its cultural apparatuses the idea of a passage between worlds, between past, present and future, between an idea of the sacred and one of the everyday. It carries with it a certain dissonance, a perpetual disorder, intrinsic to its very existence within a linguistic system. This is given by the fact that its meanings have the characteristic of not being able to be crystallized in a philological monolith, but, on the contrary, of continually producing new ones, and thus of being positioned as a conditio sine qua non in liminality, in the labile boundary. What then can it mean to orient the gaze from this perspective? Is there, given these variables, a method through which to view something whose meaning seems to overflow from all sides without wanting to know about condensing into something fixed?

This exhibition project brings with it an attitude of disorientation, understood not so much as a moving position between one thing and another, but a part itself of the “movement of things,” that is, a movement that can be felt, touched, and exists in the production of language as much as imagination. The movement is syncopated, and does not follow a fixed rhythmic pattern, but continually adapts and is able to observe the outside of the superstructures that keep it trapped in a condition of physical and historical paralysis. To take this perspective, this orientation of the gaze inward, would be to imagine that we are in motion with the birds and not outside of them, taking in the divination mentioned earlier. A syncopated motion offered to us as an opportunity to enter toward a broken world repeatedly and timelessly, to locate a group or utopia to join.

Nicola Ghirardelli’s works present themselves as an alternative to the failed ideology that for centuries has perpetuated the idea of being able to tame the organicity of nature, through a fragmentation of symbolic floral structures, broken down and reassembled in a continuous metamorphosis that reflects the instability of time and the need for regeneration. Similarly, in Jacopo Naccarato’s work, the human body is mutable, and in it is reflected a temporality that flows and renews itself,allowing us to conceive of the individual modes, acts and processes of living not simply as facts of the world, but always and above all as possibilities. Memory, another crucial theme of the exhibition, emerges in the works of Arvin Golrokh, where painting becomes an instrument of resistance. The canvases in question tell stories of repression and struggle against institutional forces, in an act of resistance from below. Collective memory is here a powerful tool of opposition, and takes shape through works charged with a personal history that runs parallel to the political one. The fragility of time inherent within objects and structures emerges in Giuseppe Lo Cascio’s installations. His works, poised between function and dysfunction, present objects deprived of theiroriginal function, placed in a state of suspension: the information they contain are here the hypothetical interactions that these objects can have with someone or something thanks to their extremely sensitive surface. This process of emptying and filling relates to the idea of regeneration inherent in the exhibition, and is also reflected in Franziska Reinbothe’s canvases, where the decomposition and recomposition of surfaces creates new degrees of structurality across canvases.

Lorenzo Montinaro and Sofiia Yesakova, on the other hand, explore the decomposition and reconstruction of memory and architecture. If for Montinaro, time multiplies, referring to a series of constantly disappearing pasts, Yesakova works through the deconstruction of constructivist utopias, reconfiguring spaces and volumes as if in a continuous search for meaning. Linus Rauch, with his painting, introduces an additional spatial dimension through works that seem to extend beyond the canvas, embracing their surroundings. The spatialization of the image, as an act of expanding thought, perfectly reflects the intent of the exhibition: to build a dialogue between the visible and the invisible, between the work and its context.

In this sense, Fatmah (فاطمة) is not just an exhibition, but a true moment of transformation where regeneration and renewal, central to the symbol from which it takes its name, find expression through a multiplicity of languages, materials and artistic practices. The symbolic forces at work in this exhibition are thus revealed to be constantly evolving, reflecting the potential of art to intervene and transform reality.

Contemporary Cluster
Via Odoardo Beccari 8/10/12, Roma
info@contemporarycluster.com, www.contemporarycluster.com
Orari: lunedì – venerdì 10 – 13 e 15.30 – 19
Ingresso gratuito