Francesco Carone. L’inconsolabile
A cura di Ilaria Mariotti
Sabato 19 giugno 2021 alle ore 17.00 presso il Centro Espositivo Villa Pacchiani di Santa Croce sull’Arno si inaugura la mostra di Francesco Carone L’inconsolabile, a cura di Ilaria Mariotti, un’iniziativa del Comune di Santa Croce sull’Arno. Assessorato alle Politiche ed Istituzioni Culturali con la collaborazione di Crédit Agricole Italia. Il Comune di Santa Croce sull’Arno aderisce alla rete Terre di Pisa.
L’“inconsolabile” del titolo della mostra personale di Francesco Carone si riferisce alla lettura che Cesare Pavese fa del mito di Orfeo e chiama in causa la fitta partitura letteraria di cui è intessuta l’opera di Carone.
Orfeo, che unisce in sé l’apollineo e il dionisiaco, è protettore delle arti e capace di un rapporto magico con il mondo della natura. La sua lira incanta, piega al suo volere e alle sue necessità l’umano e la Natura tutta, muove e commuove esseri animati e cose, anima l’inanimato in una vicinanza culturale e emotiva insieme.
Tuttavia neanche Orfeo può sottrarsi alla morte che avviene in modo selvaggio e scomposto: secondo il mito classico Orfeo muore smembrato dalle Baccanti furiose per la sua fedeltà a Euridice o per essere state trascurate dai loro uomini ammaliati, anch’essi, da Orfeo.
Per Pavese Orfeo è inconsolabile non tanto per la perdita di Euridice: Orfeo sceglie di voltarsi sulla soglia degli Inferi contravvenendo al patto fatto con Ade e Proserpina perché sa che nulla sarebbe tornato come prima, il suo destino è compiuto nel viaggio agli Inferi, Euridice una stagione della vita che non sarebbe tornata.
Tutta la mostra è un dialogo tra opere che appartengono a periodi diversi della ricerca di Carone. Sculture, installazioni che hanno la loro origine nel mito come modalità dell’uomo di raccontare e raccontarsi la sua esistenza nel Mondo, costruiscono delle genealogie attraverso la Storia dell’Arte, prendono in prestito i materiali dal mondo della Natura e li sovrappongono o li accostano a oggetti prodotti dall’artificio dell’artista. La contrapposizione del gesto – la mano “che fa” – insensato perché perdente in partenza nella falsificazione della Natura stessa. Un gesto sempre operoso e tuttavia l’unico possibile.
La stanza di apertura della mostra ospita la La Serpe (2012): la distesa di palloncini colorati in cui si annida appunto il serpente. Rinnovamento e rinascita, connesso alla sessualità, alle energie opposte, alla ciclicità, simbolo delle arti mediche ma fatale anche per Euridice, generatore dunque di tutta una parte importante del mito di Orfeo. I palloni colorati ci introducono in un clima di festa ma anche di caducità, secondo Pavese, del tempo di festa di chi non sa ancora.
Il mito di Orfeo coagula in forma letteraria alcuni dei temi che tornano nella ricerca di Carone: il tema dominante della morte ineludibile in primis. L’altro tema importante riguarda l’inganno che l’uomo costruisce per credere all’illusione di poter dominare e influenzare la Natura.
Carone osserva l’Universo nella sua dimensione cosmica e particolare insieme rinnovando e perpetuando lo stupore nel riscontro della continua tensione tra Arte (finzione) e Natura (verità).
Carone raccoglie dal mare, dalla terra, dai boschi, colleziona reperti organici o manufatti spesso trasformati dagli agenti atmosferici e che hanno subito un processo di riappropriazione da parte della natura. Osserva l’architettura intima e portante delle specie vegetali e minerali. Guarda il cielo come firmamento, ne rileva l’organizzazione con uno sguardo non scientifico, ordinatore e poetico insieme.
In mostra opere come L’astronomo (2020), un giovane sorridente dalle fogge settecentesche, una fusione in peltro seduto su una sfera di ceramica smaltata. Altre sfere stanno al posto delle sue braccia, gli orbitano intorno, lo rendono una figura attiva eppure impotente.
Quello dell’artista è il tentativo immancabilmente fallimentare e tuttavia caparbio di domare la natura attraverso l’osservazione e l’imitazione dei suoi fenomeni.
La mostra è costruita attraverso un dialogo tra le opere che oscillano tra universale e particolare, tra osservazione e immaginazione, tra piccolo e grande. Tra osservazione e scoperta, tra sorprendente e immaginifico (Lap dance del 2013 pone su un’asta di ottone un fungo, l’Amanita caesarea, brillante, di ceramica, il fungo più prezioso e delicato e nonostante tutto il più spudorato nel rivelarsi), desiderio e delusione.
Tuttosesto (2014) è un pezzo di vela su cui sono applicate stelle dorate di ceramica così come nella padovana Cappella Scrovegni di Giotto, dove la Natura è intesa come luogo abitato dai personaggi dipinti.
Il dialogo tra Natura e Artificio è l’architettura portante di tutte le opere: in Nocciolo (2012) un nocciolo di pesco è intagliato nel legno di pesco, uguale nella fisionomia e nel materiale a un vero nocciolo esso sarà tuttavia immancabilmente non generativo.
In Vestigia (2014) l’artista ricolloca licheni su cilindri di cemento: l’azione di copiare sarà fallimentare perché artificiale. Così come Finzione e realtà (Arte e Natura) del 2018 un calco in gesso e cristallo di gesso.
Tonsura (2012) mette in dialogo una calotta cranica umana e un guscio di noce di cocco.
Con le posidonie raccolte e essiccate Carone realizza un’opera specifica per lo spazio: un colonnato e un capitello di acanto che costituiscono un riferimento ai tanti modi in cui l’arte ha preso spunto dalla natura per organizzare lo spazio in cui l’uomo si muove. Le posidonie si sostituiscono al disegno, conservano la loro fragilità nel costruire l’architettura a cui tuttavia prestano la partitura. Con questo materiale in mostra anche ( ) [ ] { } (2018).
Francesco Carone (Siena, 1975) lavora principalmente con la scultura e la grafica realizzando opere di natura spiccatamente poetica e visionaria, fondendo esperienze intime personali a colti rimandi alla storia dell’arte e alla letteratura, in una sorta di esercizio psicanalitico involontario. Le sue opere ruotano attorno a temi ricorrenti quali le tempeste, le stelle, i miti, gli idoli, l’erotismo, il dettaglio, il dubbio, il subconscio, la caducità umana riscattata dalla bellezza, solo per citarne alcuni.
Le sue opere sono conservate in alcune delle più prestigiose collezioni italiane ed estere, compresa la Farnesina del Ministero degli Esteri a Roma.
Alle pratiche più tradizionali, affianca inoltre progetti collaborativi più complessi dove i concetti di opera, collezione, museo e allestimento convergono in varie forme. Tra questi vale la pena ricordare Tempo Zulu, progetto con cui da anni vengono invitati artisti e operatori culturali italiani ed internazionali a lasciare un contributo permanente inciso sulla pavimentazione delle vie del centro storico di Siena e TITOLO l’edito inedito, opera/mostra/biblioteca itinerante, suddivisa in dieci ‘capitoli’.
Infine è ideatore e fondatore, insieme ad Eugenia Vanni, del Museo d’Inverno (www.museodinverno.com), uno spazio a programmazione stagionale in cui vengono invitati artisti nazionali ed internazionali di varie generazioni a presentare una selezione di opere altrui ma provenienti dalle loro collezioni private.
Dal 2006 la sua galleria di riferimento è SpazioA di Pistoia (www.spazioa.it).
Centro Attività Espressive Villa Pacchiani
Piazza Pier Paolo Pasolini, Santa Croce sull’Arno
0571 30642 – 0571 389850 – 0571 389853, s.bucci@comune.santacroce.pi.it
Orari: dal venerdì alla domenica 17.00 – 20.00.
Immagine di copertina: Francesco Carone, L’astronomo, 2020, antica fusione in peltro, ceramica smaltata / antique pewter cast, enameled ceramic, cm 54 x 51 x 20.5. Courtesy SpazioA, Pistoia. Photo by Carlo Favero
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