
Guillaume Linard-Osorio. There will be clouds
A cura di Domenico de Chirico
Contemporary Cluster è lieta di presentare venerdì 10 novembre There will be cloud, la prima mostra personale di Guillaume Linard Osorio in Italia, a cura di Domenico de Chirico. In occasione dell’opening della mostra, l’artista ha organizzato una performance che si terrà alle 21.00, con protagonista la ballerina Vittoria Caneva e le musiche del sound designer Edoardo Maria Bellucci. La performance metterà in risalto il legame tra la fluidità delle opere di Guillaume e la capsule collection del design Ara Thorose, a cui il pittore francese ha chiesto una speciale collaborazione per la mostra. Ara Thorose ha progettato una capsule collection di sculture dalle forme morbide e fluenti ispirate ai protagonisti dei più celebri dipinti di Johann Heinrich Füssli (1741-1825); allo stesso modo i performer, seguendo la fluidità dei corpi e dei lori movimenti metteranno in scena i dipinti stessi a ribadire la continuità temporale dell’arte.
Nato nel 1978 nel comune francese di Montereau, Guillaume Linard-Osorio, attualmente, vive e lavora a Parigi, città dove ha conseguito i suoi studi, dapprima laureandosi all’Ecole Boulle e in seguito presso l’Ecole nationale supérieure d’architecture Paris-Malaquais. Il suo approccio caleidoscopico e polimorfo, nel tentativo di mettere in relazione tra loro sia immagine e oggetto sia materiale e sfondo, propone un’inedita dimensione percettiva all’interno del piano pittorico canonico, servendosi, solitamente, di un agglomerato ordinato di canali di lastre di policarbonato e altri materiali edili, così da conferire al concetto di spazio, considerato nella sua totalità, la possibilità ambivalente di poter essere valutato, persino da un punto di vista architettonico, in tutta la sua mutevole sinuosità, nel suo dentro e nel suo fuori. La sua progettualità artistica è inconfutabilmente intrisa della cosiddetta cultura del costruttivismo, nonché delle concrete proporzioni rinvenibili nella proiezione e della realizzazione e della rappresentazione delle coordinate spazio-temporali. Contestualmente, egli si concentra sulle infinite possibilità di trasformazione dei materiali, considerando il loro vocabolario come silenziosamente duttile che si manifesta attraverso i principi antitetici di visibile e dell’invisibile. Ed è solo così che egli raggiunge quello stadio eccezionalmente immaginifico in cui emergono paesaggi possibili, i cui vuoti strutturali diventano manifestamente veli di zaffiro, carezze color verde inchiostro, tocchi di verde acqua, marrone, beige e cipria, guazzetti rosso carminio, venature ebano e così via, dando vita a immagini liquide, eppur composte con raffinata percettività, che oscillano tra la macchia involontaria e la traccia razionalmente perfetta.
Ragionando su quella questione assai complessa secondo cui ciascuno di noi è alla costante ricerca della propria realtà, ci si rende presto conto che viviamo le nostre vite guardando al passato e proiettandoci nel futuro, trascurando talvolta l’imperante presente, immaginando e desiderando, con ardore, un’altra vita, che sia nuova, originale e unica nel suo genere. Pertanto, con l’avvento dell’era inintelligibile degli arzigogolati algoritmi e dell’immateriale intelligenza artificiale, l’importanza del presente, in accordo con la sensibilità artistica e di pensiero di Guillaume Linard-Osorio, si tramuta in un momento cruciale di transizione, in cui si vacilla tra il ricordo di com’era, la consapevolezza di com’è e l’incertezza di come sarà, consapevoli dell’attuale difficoltà di adattamento che emerge laddove vi è l’imperitura esigenza di trovare, finalmente, una collocazione nel mondo.
Con There will be clouds, ciò che egli prospetta è uno sguardo nostalgico rivolto al passato, il quale, avvelenato dagli attuali tormenti dell’anima, anela ad un possibile ritorno alla Natura. In altre parole, l’uomo viene qui riconfigurato come una figura immaginifica, corrispettivo contemporaneo del viandante propostoci dal pittore tedesco, esponente dell’arte romantica nonché uno dei più importanti rappresentanti del «paesaggio simbolico», Caspar David Friedrich, il quale, considerando il paesaggio naturale come opera divina, basava la sua pittura su un’attenta osservazione degli scenari e dei loro effetti di luce, puri giochi prismatici, permeandoli sovente di umori romantici. Il “Viandante sul mare di nebbia”, una delle opere più rappresentative della pittura romantica ottocentesca di Friedrich, realizzata nel 1818, ci costringe a doverci commisurare con una figura solitaria che si erge in controluce su un precipizio roccioso, dandoci le spalle. Tuttavia, un’atmosfera fredda, rocciosa e inospitale gli consente di contemplare il panorama che gli si staglia davanti: una valle arcaica dal fascino primordiale, avvolta dalla foschia attraverso cui sporgono audaci e nerborute cime di arbusti, attorniate da montagne sbiadite che silenziosamente si spiritualizzano in un orizzonte, il cui cielo, imponente, si presenta come particolarmente nuvoloso. Così, nel tentativo di compararsi con le rovine dei tempi andati, affiora la necessità di farlo con il nostro tempo, in cui le “nuvole” vengono sia riconfigurate come agglomerati di archiviazione di dati e codici sia, oltremodo, considerate come la manifestazione inconfutabile di alterazioni climatiche e ambientali, perpetue e persistenti, e, finanche, di disagi comportamentali che fronteggiano la questione della tutela della privacy in accordo con la salvaguardia della vita privata e dei correlati dati personali, costantemente sotto minaccia.
Tuttavia, questo nuovo capitolo espositivo di Linard-Osorio, prende ufficialmente spunto dal viaggio a Roma, iniziato nel 1770, del letterato e pittore svizzero Johann Heinrich Füssli, esperto disegnatore. Nonostante i suoi studi sull’antico e sui neoclassici, Füssli scelse soggetti di suggestione romantica, pregni di fascinosa immaginazione, di gesta impetuose e atmosfere magiche, spesso tratti dagli episodi più visionari delle grandi opere poetiche del suo tempo, precorrendo alcuni temi fondanti dell’Espressionismo e del Surrealismo, e fu riconosciuto all’unanimità per le sue illustrazioni delle opere di William Shakespeare. Così come per molti altri pittori, scultori e intellettuali del suo tempo, Roma è stata una tappa fondamentale per la prolificità della sua produzione, tanto da restarci per circa otto anni. Grazie a questo soggiorno, una volta ritornato in Inghilterra, a cavallo tra il 1778 e il 1780, fortemente ispirato, eseguì un disegno, a seppia e sanguigna, particolarmente emblematico delle questioni sinora affrontate, intitolato “La disperazione dell’artista davanti alle rovine”, in cui ha sintetizzato egregiamente il rapporto dell’artista del suo tempo con la schiacciante eredità dell’arcaicità, la cui perfezione, ancora oggi, risulta essere, senza ombra di dubbio, irraggiungibilmente impareggiabile. Qui, i frammenti della colossale statua dell’imperatore Costantino I si stagliano davanti a un muro di pietre, del quale non si distinguono i confini poiché fa parte di uno strabiliante complesso monumentale ormai irrimediabilmente perduto. Ciò che ne consegue, è l’amarezza di trovarsi di fronte a cotanta grandiosità, non più ricostruibile nella sua interezza, che acutizza emozioni estenuanti, un groviglio di angoscia, inquietudine e impotenza, nei confronti di quella figura che, prostrata ai piedi del grande imperatore, piangendo, si copre il volto. Pertanto, per dirla con lo storico dell’arte e archeologo tedesco Johann Joachim Winckelmann, l’ammirazione degli antichi capolavori non stimola l’artista a nuove creazioni ma provoca un sentimento di dilaniante inferiorità e di logorante perdita. Da tempi memorabili, i frammenti della statua dell’imperatore Costantino il Vincitore giacciono imperturbabili nel cortile dei Musei Capitolini a Roma, potendo essere liberamente ammirati da chiunque voglia farlo. Così, Guillaume Linard-Osorio, particolarmente sensibile alla causa del movimento dei corpi e degli elementi che li compongono, decide di suggellare quel punto d’incontro tra il secolo di Füssli e il nostro, ovverosia tra il Romanticismo e il mondo contemporaneo, ai piedi di questa statua, irrefutabile monumento storico. Ed è sulla base di tutti questi presupposti che prende forma There will be clouds, una mostra la cui forza si manifesta attraverso la frammentazione di tutto ciò che la compone, una sorta di sito archeologico contemporaneo incubato presso gli spazi espositivi di Contemporary Cluster, la cui sede vive all’interno di Palazzo Brancaccio, in quella città che tutti quanti noi conosciamo come «Roma caput mundi regit orbis frena rotundi», oggi sovrastata da grandi e facinorose nuvole. E allora, quando, come un coperchio, il cielo basso e greve schiaccia l’anima che geme nel suo tedio infinito*, quanto è ancora generoso e potente quello spiraglio che permette alla luce, irrinunciabile nutrimento terrestre, in tutta la sua prismatica intensità, di attraversa tutte queste animose nuvole così da poter continuare a irradiare la ratio umana e la bellezza solenne dei tempi antichissimi?
* “Spleen” di Charles Baudelaire, da: “I fiori del male”, 1857
Contemporary Cluster is pleased to present “There will be Cloud” on Friday, November 10th, the first solo exhibition of Guillaume Linard Osorio in Italy, curated by Domenico de Chirico. To mark the opening of the exhibition, the artist has organized a performance scheduled for 9:00 PM, featuring the dancer Vittoria Caneva and music by the sound designer Edoardo Maria Bellucci. This performance will highlight the connection between the fluidity of Guillaume’s works and the capsule collection by the designer Ara Thorose, with whom the French painter has collaborated for this exhibition. Ara Thorose has designed a capsule collection of sculptures with soft and flowing forms inspired by the protagonists of the famous paintings by Johann Heinrich Füssli (1741-1825). Similarly, the performers, guided by the fluidity of their bodies and movements, will bring these paintings to life, emphasizing the timeless continuity of art.
Born in 1978 in the French town of Montereau, Guillaume Linard-Osorio currently lives and works in Paris, the city where he pursued his studies, first graduating from the « Ecole Boulle » and later from « the Ecole nationale supérieure d’architecture » Paris-Malaquais. His kaleidoscopic and polymorphic approach, seeking to relate both image and object and material and background, introduces a fresh perceptual dimension within the canonical pictorial plane. He typically utilizes an organized agglomeration of polycarbonate sheets and other construction materials, giving the concept of space, considered in its entirety, the ambivalent possibility of being evaluated, even from an architectural perspective, in all its ever-changing sinuosity, both inside and out. His artistic design is undeniably steeped in the so-called constructivist culture, as well as the tangible proportions found in the projection, realization, and representation of space-time coordinates. Simultaneously, he focuses on the infinite possibilities of material transformation, considering their vocabulary as silently malleable, manifesting itself through the antithetical principles of the visible and the invisible. It is in this exceptional imaginative state that possible landscapes emerge, where structural voids manifest themselves as sapphire veils, strokes of ink green, touches of aqua green, brown, beige, and blush, carmine red washes, ebony veins, and so on, giving life to liquid yet finely perceptive images that oscillate between unintentional stains and perfectly rational traces.
Reflecting on the complex matter that each of us constantly questions our reality, one quickly realizes that we live our lives by looking to the past and projecting into the future, sometimes neglecting the prevailing present, imagining and desiring ardently for another life that is new, original, and unique. Therefore, with the advent of the unintelligible era of intricate algorithms and immaterial artificial intelligence, the importance of the present, in line with the artistic and thoughtful sensibility of Guillaume Linard-Osorio, becomes a crucial moment of transition. We waver between the memory of what was, the awareness of what is, and the uncertainty of what will be, all while acknowledging the current challenges of adaptation where the enduring need to finally find one’s place in the world emerges.
With “There will be clouds,” Guillaume envisions a nostalgic gaze directed toward the past, tainted by the current torments of the soul, yearning for a possible return to Nature. In other words, here, humanity is reimagined as an imaginative figure, a contemporary counterpart to the wanderer presented by the German painter, a prominent figure in romantic art, and one of the most important representatives of the “symbolic landscape,” Caspar David Friedrich. He viewed the natural landscape as a divine work of art and based his painting on meticulous observation of scenes and their effects of light, pure prismatic games often suffused with romantic moods. “Wanderer above the Sea of Fog,” one of Friedrich’s most iconic works in 19th-century romantic painting, compels us to measure ourselves against a solitary figure standing in the backlight on a rocky precipice, with his back turned to us. However, the cold, rocky, and inhospitable atmosphere allows him to contemplate the landscape that unfolds before him: an ancient valley with primordial allure, shrouded in mist from which bold and sinewy bushy peaks emerge, surrounded by faded mountains that quietly spiritualize into a horizon. Its imposing sky is notably cloudy. Thus, in the attempt to compare with the ruins of bygone times, there emerges a need to do the same with our time, where “clouds” are both reconfigured as data storage clusters and codes and, even more so, considered as the indisputable manifestation of perpetual and persistent climate and environmental changes, as well as behavioral issues that confront the question of privacy protection in line with safeguarding personal lives and related data, constantly under threat.
However, this new exhibition chapter by Linard-Osorio officially draws inspiration from the 1770 journey to Rome of the Swiss writer and painter Johann Heinrich Füssli, an expert draftsman. Despite his studies of the ancient and neoclassical, Füssli chose subjects of romantic allure, brimming with fascinating imagination, impetuous deeds, and magical atmospheres, often drawn from the most visionary episodes of the great poetic works of his time, anticipating some foundational themes of Expressionism and Surrealism. He was unanimously recognized for his illustrations of the works of William Shakespeare. Like many other painters, sculptors, and intellectuals of his time, Rome was a fundamental stage for the prolific nature of his production, as he stayed there for about eight years.
Thanks to his visit, once back in England, between 1778 and 1780, he was greatly inspired, he executed a drawing, in sepia and red chalk, particularly emblematic of the issues addressed so far, titled “The Despair of the Artist in the Face of Ruins.” In this drawing, he excellently synthesized the artist’s relationship with the overwhelming legacy of antiquity, whose perfection, even today, is undoubtedly unattainably unparalleled. Here, the fragments of the colossal statue of Emperor Constantine stand before a wall of stones, whose boundaries are indistinguishable as it is part of an astonishing monumental complex that is now irretrievably lost. What follows is the bitterness of facing such grandeur, no longer reconstructible in its entirety, which sharpens exhausting emotions a tangle of anguish, restlessness, and impotence towards that figure who prostrated at the feet of the great emperor, weeps and covers his face. Therefore, to quote the German art historian and archaeologist Johann Joachim Winckelmann, the admiration of ancient masterpieces does not stimulate the artist to new creations but provokes a feeling of agonizing inferiority and draining loss.
For ages, the fragments of the statue of Emperor Constantine the Victor have lain undisturbed in the courtyard of the Capitoline Museums in Rome, freely available for anyone to admire. So, Guillaume Linard-Osorio, particularly sensitive to the movement of bodies and the elements that compose them, decides to seal that point of convergence between Füssli’s era and our own, between Romanticism and the contemporary world, at the feet of this irrefutable historical monument.
And it is on the basis of all these assumptions that “There will be clouds” takes shape, an exhibition whose strength is manifested through the fragmentation of everything it comprises a sort of contemporary archaeological site nurtured within the exhibition spaces of Contemporary Cluster, whose headquarters reside inside Palazzo Brancaccio, in the city that we all know as “Rome caput mundi regit orbis frena rotundi,” now dominated by vast and fascinating clouds.
further, like a lid, the low and heavy sky presses down on the soul groaning in its infinite tedium*, how generous and powerful is that glimpse that allows light, indispensable earthly nourishment, in all its prismatic intensity, to penetrate all these spirited clouds so that it can continue to radiate human reason and the solemn beauty of ancient times?
* “Spleen” di Charles Baudelaire, da: “I fiori del male”, 1857
Contemporary Cluster
Palazzo Brancaccio, via Merulana, 248, Roma
06 3170 9949, info@contemporarycluster.com, www.contemporarycluster.com
Orari: dal martedì al sabato 10 – 13 e 15.00 – 19
Ingresso gratuito