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Leonor Fini, Ritratto di Fabrizio Clerici, 1952, Courtesy Archivio Eros Renzetti, Roma

Leonor Fini Fabrizio Clerici. Insomnia

Mart Rovereto

Da un’idea di Vittorio Sgarbi. A cura di Denis Isaia e Giulia Tulino

“Gli ultimi sopravvissuti di una specie, o meglio di un’epoca svanita […] rappresentanti, seppur in modo singolare e fuori contesto, del Settecento, cioè della civiltà più matura e colimaçonné di tutte quelle esistite”
Alberto Savinio

In anni recentissimi le figure dei surrealisti italiani e dei neoromantici, troppo a lungo messe da parte, stanno vivendo una felice riscoperta. In particolare la presenza dell’artista Leonor Fini all’ultima Biennale di Venezia ha acceso i riflettori su una delle protagoniste più originali del secondo Novecento, a cui in passato furono dedicate due rilevanti monografiche (1983 Palazzo Diamanti a Ferrara, 2009 Museo Revoltella Trieste).

Nata a Buenos Aires nel 1907, morta a Parigi nel 1996, cresciuta a Trieste, vissuta tra Milano, Roma, Parigi, Leonor Fini ha consacrato la propria vita all’arte ed è stata essa stessa opera d’arte. Ripercorrendone la biografia emerge come numerose relazioni siano inscindibili dalla sua storia e abbiano influenzato e definito la sua opera. Una di queste è certamente l’amicizia con l’artista Fabrizio Clerici, conosciuto negli anni Trenta a Parigi. Nato a Milano nel 1913 e morto a Roma nel 1993, architetto di formazione, si dedica alle arti visive e al teatro, sperimentando e innovando diversi linguaggi culturali.

Al lungo e profondo sodalizio tra Leonor Fini e Fabrizio Clerici è dedicata la mostra del Mart di Rovereto, curata da Denis Isaia e Giulia Tulino, in collaborazione con l’Archivio Fabrizio Clerici.
Pittori, illustratori, scenografi, costumisti, Fini e Clerici furono accomunati dagli stessi riferimenti estetici e culturali e insieme frequentarono gli ambienti intellettuali europei e statunitensi. Nelle loro opere vive l’immaginario surreale, introspettivo e metafisico dell’arte fantastica italiana.

Al Mart la mostra si snoda attraverso più di 400 opere tra dipinti, disegni, fotografie, video, documenti, bozzetti teatrali, costumi e oggetti. In un allestimento cronologico e filologico, intervallato da numerosi affondi tematici dedicati alle passioni condivise dai due artisti, il lavoro di Fini e Clerici si confronta con le opere dei loro maestri, come Giorgio de Chirico, Alberto Savinio, Arturo Nathan, Bruno Croatto, ma anche dei loro compagni di viaggio, come Stanislao Lepri, Eugène Berman, Pavel Tchelitchew e dei loro eredi, come Enrico d’Assia ed Eros Renzetti.

Pur frequentando i circoli culturali e le personalità più note del tempo, Fini e Clerici non appartengono a correnti, gruppi, movimenti: l’arte è un fatto privato, sublimazione e voce del sé.
Coltissimi mescolano riferimenti letterari, mitologie classiche, scienze naturali, spunti religiosi e spirituali. Scevri da limiti e preconcetti guardano alle nuove scienze della mente, come la psicanalisi, giocano con l’alchimia e le simbologie dell’occulto. Un po’ surrealisti, un po’ metafisici, sicuramente fantastici, sfuggono a ogni definizione.

La mostra dà conto dell’intera carriera di entrambi, a partire dagli anni Venti, anni di formazione, prove e scoperte, fino alla maturità artistica; passando per opere, documenti, materiali d’archivio, costumi, oggetti di scena, libri illustrati, manufatti collezionati dai due artisti, video e fotografie per lo più inedite che li ritraggono insieme.

In un percorso vertiginoso costellato di ricche quadrerie, sale tematiche, accostamenti originali, ciò che i curatori desiderano ricostruire è la storia un’amicizia rara, libera, esuberante, precorritrice dei tempi se non addirittura fuori da qualsiasi tempo.

Leonor Fini raccoglie attorno a sé famiglie ideali, affinità elettive, legami indissolubili, ben descritte nel catalogo che accompagna la mostra da Alyce Mahon, Eros Renzetti e Giulia Tulino. Quest’ultima spiega: “tra Clerici e Fini c’è spazio per ogni sorta di stravaganza ed eccentricità, sempre sorrette da cultura ed erudizione, c’è anche un grande amore che non può essere ancorato alle categorie classiche di un rigido schema eterossessuale”.

Nell’arte come nella vita − che rappresenta un tutt’uno indissolubile – Fini e Clerici esprimono un modo alternativo di vedere la realtà, che supera le categorizzazioni proprie del modello sociale patriarcale e che ancora oggi ispira le comunità queer. Praticando la libertà e l’emancipazione Fini e Clerici concretizzano una costante messa in discussione dei sistemi normativi della conoscenza. Con questo spirito vanno osservate le opere che inneggiano alla metamorfosi, le creature fantastiche, le bellezze ibride. Il cambiamento, il travestitismo, la performance come moltiplicatori delle possibilità.

La mostra è accompagnata da un catalogo con saggi e testi di Denis Isaia, Alyce Mahon, Alessandro Nigro, Annalisa Proietti Cignitti, Eros Renzetti, Ilaria Schiaffini, Vittorio Sgarbi, Giulia Tulino, Patrizia Zambelli. Editore: L’ERMA di Bretschneider.

MartRovereto
Corso Bettini 43, Rovereto (TN)
800 397760, info@mart.trento.it, www.mart.trento.it
Orari: mart-dom 10.00-18.00, ven 10.00-21.00
Tariffe: intero 15 Euro ridotto 10 Euro

Copertina: Leonor Fini, Ritratto di Fabrizio Clerici, 1952, Courtesy Archivio Eros Renzetti, Roma