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© Yelena Yemchuk, Warrior Girls

Mariella Bettineschi, Yelena Yemchuk. Il paradosso del tenere mentre si dà

Metronom, Modena

Metronom presenta Il paradosso del tenere mentre si dà, mostra bi-personale delle artiste Mariella Bettineschi (Brescia, 1948) e Yelena Yemchuk (Kiev, 1970). In mostra una selezione di fotografie e dipinti esito di differenti serie di lavori, accostate in un allestimento inedito.

Che cosa significa essere artiste oggi? La domanda sulla sfera di azione dell’arte, sui suoi confini di produzione, del suo meccanismo di affermazione e di accreditamento non si allontana dal dibattito critico contemporaneo. Il paradosso del tenere mentre si dà presenta il lavoro di due artiste di generazione diversa e di formazione diversa, accomunate da una pratica femminista e da un lavoro che nasce da esperienze e da un vissuto personale che, attraverso la loro ricerca, offrono possibili risposte a questa domanda, a come comprensione, partecipazione, esperienza e consapevolezza ancora siano concetti fondamentali per l’origine e l’affermazione di una pratica artistica.

Mariella Bettineschi si forma all’Accademia Giacomo Carrara di Bergamo, in un contesto con un’impronta fortemente maschile. La ricerca di un approccio personale, di una via autonoma verso un linguaggio femminista, inizia dalla messa in discussione dei modelli imposti. Inizia così una ricerca che accoglie la sperimentazione e la trasversalità dei linguaggi come fondante e necessaria, alla ricerca di un immaginario femminile, che parte dagli oggetti. Oggetti trovati o cercati o inventati originano sculture che non sono sculture e pitture che non sono pitture. È un costante processo di messa in prova – di sé e del lavoro – quello che Bettineschi compie, processo che è inizio e fine allo stesso tempo e in cui la rilettura o meglio la riscrittura diventa essenziale.
Oro, ciglia, perle, vetro, stoffa… sono mezzi per agire questo lavoro incessante che è ricerca ma anche casualità, la casualità del ‘vedere cosa succede’. Vedere che è affidato alla centralità dell’occhio o meglio dello sguardo che caratterizza i lavori de L’era successiva, occhi raddoppiati, sguardi femminili che abitano e hanno abitato la storia dell’arte. Custodire e tramandare, compiti ascritti al femminile e compiti della storia e dei luoghi della storia, che sia personale o collettiva.
L’angelo, il teschio, il cerchio… La forma, ci dice Bettineschi, è centrale per l’arte, ciò che costruisce e ‘emette’ senso, quindi la ripetizione, la riscrittura, la duplicazione sempre praticate con approccio analogico e quindi unico pur nella serialità, consentono alla componente di novità di emergere anche nella costante di un canone o di un ambito di azione che non è appunto ripetizione fine a sé stessa ma la costruzione di diversi livelli.
I livelli di Bettineschi non sono solo temporali o concettuali, esito di riferimenti e di accenni, ma sono reali nel senso materiale del termine: strati e stratificazioni che rivelano interventi, aggiunte, modifiche che sono riflesso di ripensamenti, attraversamenti ed esperienze dell’artista.
Il primo racconto (e l’ultimo) 1996-2020 è la serie di lavori che fino dal titolo custodisce e rivela l’origine e il lascito del lavoro: fotografie stampate e ristampate a più riprese con dettagli ricorrenti sulle quali incardina racconti che sono conclusi e fluidi allo stesso tempo, in cui la parola fine non esiste.

Fotografa, regista, artista, studia alla Parsons School di New York, Yelena Yemchuk ha un approccio istintivo con il suo lavoro: la predilezione per la creazione e la rappresentazione di figure femminili forti, complesse ma non necessariamente perfette, è l’affermazione di una visione femminista che non deriva da modelli culturali imposti e rigetta l’immagine stereotipata della donna che tutt’ora si presenta come dominante nella comunicazione.
Le sue fotografie sono il racconto di episodi di vita quotidiana, la figlia che posa per lei, le amiche (come Anna) o del costante ritorno nei luoghi della sua infanzia -l’Ucraina- che diventano il set per la messa in scena di ricordi di luoghi e persone che appartengono a un passato che è segno e traccia indelebile.
Abiti recuperati, oggetti raccolti e riposizionati, fiori dalle forme e colori simbolici emergono solo apparentemente in modo casuale da un archivio che è prima di tutto quello della memoria in un gioco allusivo di libere associazioni.
Influenzata e interessata alle pratiche del surrealismo, la componente magica del suo lavoro emerge soprattutto nei suoi dipinti, nulla è come sembra e tutto è possibile: seducente, ironico, che sovverte piani della rappresentazione e del tempo. Un tempo sospeso non per mancanza di riferimenti, ma perché tempo del sogno, dell’autorappresentazione e del ricordo, che si offre allo spettatore come un mosaico da ricomporre, come un testo teatrale in cui i personaggi sono uomini ambigui, donne che agiscono ed esibiscono il proprio corpo e femminilità, animali reali e mitologici, in una totale House of Strangers in cui bellezza e note dark rendono impossibile distogliere lo sguardo.

Bettineschi e Yemchuk avvicinano, accolgono e seducono lo spettatore per guidarlo e immergerlo in un viaggio di ricordi e riferimenti, di mondi animali, vegetali, donne e uomini e di equilibri fragili, di opere che palesano la loro appartenenza alle artiste, alla loro vita, al loro immaginario, alle loro esperienze e relazioni, ma che vengono offerte come un dono, come un ‘oggetto che agisce’ nella vita di chi le guarda.
Il paradosso del tenere mentre si dà è il sottotitolo di un libro dell’antropologa Annette B. Weiner dedicato a certi oggetti aborigeni capaci di trattenere la presenza spirituale di chi li regala. Le opere di Bettineschi e Yemchuk offrono un esempio di questa possibilità di lettura delle opere d’arte contemporanee, che apre la prospettiva del donare – allo sguardo non necessariamente al possesso – qualcosa di inalienabile, come la propria essenza e identità di artiste e di persone.

Metronom
Via Carteria 10, Modena
info@metronom.it, 059 239501, www.metronom.it
Orari: martedì-mercoledì- venerdì 9-13 e 14-18 e su appuntamento
Ingresso libero

Copertina: © Yelena Yemchuk, Warrior Girls #2, 2009, courtesy the artist