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On Fire

Fondazione Giorgio Cini, Venezia

Yves Klein, Alberto Burri, Arman, Jannis Kounellis, Pier Paolo Calzolari, Claudio Parmiggiani
Mostra promossa da Tornabuoni Art e Fondazione Cini, a cura di Bruno Corà

L’alta dignità delle arti del fuoco deriva dal fatto che le loro opere portano il segno più profondamente umano, il segno dell’amore primitivo. (…) Le forme create dal fuoco sono modellate, più di ogni altra, come bene suggerisce Paul Valéry: «a forza di carezze». Gaston Bachelard, La Psicanalisi del Fuoco, 1937

“On Fire” è il titolo della prima mostra interamente dedicata all’uso del fuoco come mezzo di creazione artistica tra le avanguardie del Secondo Dopoguerra. L’esposizione curata da Bruno Corà, promossa dalla Fondazione Giorgio Cini e Tornabuoni Art, raccoglie una selezione accurata delle opere più iconiche realizzate mediante il fuoco o che includono la presenza della fiamma stessa.

Il percorso espositivo è strutturato attraverso sei sezioni che permettono di scoprire, per la prima volta l’uno accanto all’altro, Yves Klein, Alberto Burri, Arman, Jannis Kounellis, Pier Paolo Calzolari e Claudio Parmiggiani alle prese con il fuoco.

Naturalmente fuggevole, il fuoco non ha forma, peso o densità. Ciò ha da sempre affascinato gli artisti, sia per i suoi potenziali effetti sugli altri materiali sia in quanto presenza attiva nelle opere d’arte. Le avanguardie del Secondo Dopoguerra riuscirono ad appropriarsi degli effetti sia distruttivi che generatori del fuoco, impiegandolo su diversi materiali. In questa ottica, il fuoco divenne per questi grandi artisti il protagonista sensibile e il medium di una innovazione dello stesso processo trasformativo del loro linguaggio pittorico e plastico.

Seppur accomunati dall’elemento utilizzato, la mostra si concentra, però, su ogni maestro, mettendone in evidenza le diverse modalità d’impiego. Il fuoco si può trovare come strumento di combustione dei materiali (Klein, Burri, Arman); come presenza viva con i propri effetti sensoriali, talvolta spettacolari (attraverso la luce, il calore, e talvolta il rumore) (Klein, Kounellis, Calzolari); infine, come traccia pittorica attraverso il fumo della combustione (Calzolari, Parmiggiani).

‘On Fire’, dunque, attraverso le 26 opere raccolte con la collaborazione delle fondazioni degli artisti e prestiti provenienti da importanti collezioni internazionali, tra cui diversi capolavori inediti o raramente mostrati al pubblico, documenta una delle più radicali, e nel contempo inesplorate, rivoluzioni linguistiche dell’arte contemporanea.

Yves Klein, artista cui spetta l’apertura di questa affascinante mostra,  fu attratto dall’aspetto dialettico del fuoco, simbolo sia del bene che del male, di distruzione e rigenerazione e di vita e morte. “Il fuoco è per me il futuro senza dimenticare il passato. È la memoria della natura.   È dolcezza, il fuoco “è dolcezza e tortura”. È il focolare e l’apocalisse. È un piacere per il bambino sapientemente sedutosi vicino al camino; punisce, tuttavia, ogni disobbedienza quando si vuole giocare troppo da vicino con le sue fiamme. È benessere e rispetto. È un dio tutelare e terribile, buono e cattivo.”

Quello di Alberto Burri con il fuoco è un rapporto che nasce, e riunisce, l’ispirazione creativa e la formazione scientifica. “Per molto tempo ho voluto – annota l’artista – approfondire il modo in cui il fuoco consuma, comprendere la natura della combustione e come tutto possa vivere e morire nella combustione per formare un’unità perfetta”. Burri spiega che prima di tutto ha bisogno di una superficie su cui disporre la composizione… Poi vi depone la plastica e la brucia. “Nulla è lasciato al caso. Quello che faccio qui è il tipo di pittura più controllato e controllabile…Bisogna controllare il materiale e questo si ottiene padroneggiando la tecnica.”

Nel 1964 Arman fu invitato a esporre al Museo Stedeljik di Amsterdam. Quando il curatore gli chiese di creare un’opera per l’ingresso del museo, visitarono una discarica dove una poltrona stile Luigi XV stava bruciando in cima a un mucchio di spazzatura. Quest’opera gli ricordò l’iconico quadro “L’échelle du feu” di René Magritte. Tornato a Nizza, creò il Fauteuil d’Ulysse con l’aiuto di Martial Raysse.  Questo fu il punto di partenza per la tecnica di combustione di Arman, in cui mobili eleganti e strumenti musicali furono consumati dal fuoco prima di essere stabilizzati dall’introduzione di resina. La scelta dei materiali di Arman ricorda il concetto di Ready Made di Duchamp e il cubismo di Braque e Picasso nella divisione degli oggetti in più piani. In questo modo, all’inizio degli anni ’60, riattivò le rivoluzioni delle avanguardie dell’inizio del XX secolo.

Così come concettualizzato nell’Arte Povera, Pier Paolo Calzolari lavora fin dall’inizio con materiali in costante conversazione tra loro, umili e provenienti dai contesti semi-industriali urbani o elementi naturali. Tra questi ci sono il fuoco, il legno, ma anche rottami, oggetti quotidiani e tubi al neon. Le sue opere sono opere d’incontro in tutti i sensi, tra lo spettatore e l’oggetto che vive nel quotidiano, ma che in questo caso ha subito una trasformazione, ma anche tra elementi artificiali e lavorati in opposizione all’elemento naturale e allo stato primordiale, come il fuoco. Dal 21 al 24 aprile, in occasione della vernice, si terrà la performance Mangiafuoco in cui un vero e proprio performer sputerà fuoco a cadenza oraria, dalle 11 alle 19.

“Il problema del fuoco è un problema particolare”, afferma Jannis Kounellis. “Il mio interesse per questo elemento non risiede soltanto nel fuoco come problema, ma anche nei suoi riferimenti con le leggende medievali. Il fuoco nelle leggende medievali si identifica con il castigo e la purificazione.” Kounellis si allontana dalla pittura negli anni attorno al 1965 ed a partire dal 1967, l’anno della cosiddetta “Margherita di fuoco” (che sarà esposta in mostra), il fenomeno della combustione comincia ad apparire frequentemente nell’opera dell’artista. In quest’opera Kounellis confronta la natura e la cultura mostrando la fiamma ossidrica che ha usato per tagliare le foglie di metallo e sostituendo così la vita organica del fiore con il fuoco, che è l’immagine del suo rinnovamento. Il suo è un fuoco benefico con potenziale alchemico, dalla fiamma mistica delle sue prime opere alla fuliggine degli ultimi anni.

Scegliendo di occupare nel 1970 nella Galleria di Modena uno spazio che serviva da riserva, Claudio Parmiggiani scopre sui muri la traccia della polvere accumulata al termine degli anni. L’artista decide di fare un fuoco con dei pneumatici e delle coperte. Un fumo chiaro e grigio si deposita sugli oggetti che poi ritira. L’ombra diventa allora una forma plastica, un modello di polvere che fissa dal suo interno l’oscillazione del tempo. La rappresentazione si avvicina anche al metodo fotografico che prende l’immagine, la inverte, crea un negativo prima di svilupparlo. Le sue Delocazioni – è il nome dato a queste sue opere – sono uno spazio vuoto di percezioni fisiche, dove però lo spettatore ha la sensazione di penetrare in un luogo abitato. L’assenza di oggetti esposti in precedenza rende i muri ancora più chiari; non c’è più che la loro traccia fuligginosa da vedere. Parmiggiani creerà un’installazione in situ per quest’esposizione.

La mostra sarà accompagnata da una pubblicazione edita da Forma Edizioni sotto la direzione scientifica del Prof. Bruno Corà, con un suo testo critico. L’esposizione è realizzata con il supporto di Mag, Forma Edizioni e Edra.

Claudio Parmiggiani: Solo la terra oscura, 2020. Fumo e fuliggine su tavola, 240x1824cm. Foto Agostino Osio-Alto Piano. Courtesy Fondazione MAXXI

Thus “the eminent dignity of the arts of fire” arises from the fact that their products bear the most profoundly human mark, the mark of primitive love. […] The forms created by fire are modeled more than any other, as Paul Valery pointed out so well, “in order to be caressed.” Gaston Bachelard, The Psychoanalysis of Fire, 1937

On Fire is the title of the first exhibition entirely dedicated to the use of fire as a means of artistic creation among the post-war avant-garde movements. The exhibition, curated by Bruno Corà and promoted by the Fondazione Giorgio Cini and Tornabuoni Art, brings together some of the most iconic works either made with fire, or that include the presence of flames.

The exhibition is developed through six sections. These offer the opportunity to discover together for the first time the following artists and their relation with fire: Yves Klein, Alberto Burri, Arman, Jannis Kounellis, Pier Paolo Calzolari and Claudio Parmiggiani.

Naturally fugacious, fire has no shape, weight, or density. It has always been a source of fascination for artists, both for its potential effects on other materials and for its potential active presence in works of art. The post-war avant-garde movements experimented with fire on various materials, thereby exploiting its destructive as well as its generative effects.Thus, in the work of these great artists, fire became not only the sensitive protagonist, but also a medium of innovation within their pictorial and visual language.

Although the artists shared the use of fire, the exhibition focuses on each master, highlighting the different ways in which they employed this element. Fire can be found as an instrument of combustion (Klein, Burri, Arman); as a living presence with its own sensory and sometimes spectacular effects, such as light, heat, and even noise (Klein, Kounellis, Calzolari); and lastly, as a pictorial trace using the smoke obtained through combustion (Calzolari, Parmiggiani).

On Fire gathers 28 works, including several previously unseen or rarely shown masterpieces, thanks to the collaboration with the artists’ foundations and important international private loans. Through these works, the exhibition documents one of the most radical, and at the same time unexplored, revolutions in the visual language of contemporary art.

Yves Klein, the artist who opens this exhibition, was attracted to the dialectical aspect of fire, a symbol of both good and evil, destruction and regeneration and life and death. “Fire for me is the future without forgetting the past. It is the memory of nature. It is gentleness. ‘It is gentleness and torture’. It is heath and it is apocalypse. It is a pleasure for the child sitting prudently by the fireplace; yet it punishes any disobedience when he wishes to play too close to its flames. It is well-being and it is respect. It is a tutelary and terrible god, both good and bad.”

Alberto Burri‘s relationship with fire stemmed from, and brought together, creative inspiration and his scientific background. The artist remarked: “For a long time I wanted to understand the way fire consumes materials, to understand the nature of combustion and how everything can live and die in combustion to form a perfect unity.” Burri explained that first of all he needed a surface on which to arrange the composition…. Then he laid plastic on it and burnt it. “Nothing is left to chance. What I do here is the most controlled and controllable type of painting…You have to control the material and this is achieved by mastering the technique.”

In 1964 Arman was invited to exhibit at the Stedeljik Museum in Amsterdam. When the curator asked him to create a work for the museum’s entrance, they visited a dump where a Louis XV-style armchair was burning on top of a pile of rubbish, and it reminded him of René Magritte’s iconic painting L’échelle du feu. Upon returning to Nice, he created the Fauteuil d’Ulysse with the help of Martial Raysse. This was the origin of Arman’s combustion technique, which  consisted in the artist setting on fire elegant furniture and musical instruments and then applying resin to the resulting objects consumed by fire to fix the process. Arman’s choice of materials is reminiscent of Duchamp’s ready-made concept and Braque and Picasso’s Cubism in the division of objects into multiple planes. Thus, in the early 1960s, Arman revived these early 20th century avant-garde revolutions.

Following the concepts central to Arte Povera, Pier Paolo Calzolari works from the outset with materials in constant dialogue with each other. These include humble materials from semi-industrial urban contexts, or natural elements, like fire and wood, as well as  scrap metal, everyday objects and neon tubes. Calzolari establishes a dialogue between the viewer and the everyday object which has undergone a transformation. Moreover, he places artificial and processed elements in opposition to natural elements in their primordial state, such as fire. During the exhibition’s opening days, from the 21st to 24th of April between 11am and 7pm on an hourly basis, visitors will be able to experience the Mangiafuoco performance with a fire-eater.

“The problem of fire is a particular one,” said Jannis Kounellis. “My interest in this element lies not only in fire as a problem, but also in its references in medieval legends where Fire is identified with punishment and purification.” Kounellis moved away from painting around 1965. Beginning in 1967, the year of the so-called “Margherita di Fuoco” (which will be shown in the exhibition), the phenomenon of combustion began to appear frequently in the artist’s work. In this piece, Kounellis juxtaposed nature and culture. The blowtorch he used to cut metal leaves is shown in the work, thus replacing the  flower’s organic life with fire, which represents its renewal. His interpretation of fire is a beneficial one with alchemical potential, from the mystical flame of his early works to the soot of his later years.

In 1970, Claudio Parmiggiani chose to occupy a space that served as storage in the Galleria di Modena. There he discovered traces of dust that had accumulated on the walls over the years. The artist then decided to make a fire with tires and blankets and a light, gray smoke settled on the objects. Once the latter were removed, the remaining shadow transformed into a sculptural shape, a pattern of dust that fixed the oscillation of time from within. This form of representation resembles the photographic method which takes an image, inverts it, and creates a negative before being developed. His Delocazioni – the name given to the works he makes through this technique are an empty space of physical perceptions, where, paradoxically, the viewer has the sensation of entering an inhabited place. The absence of the objects makes the walls even lighter; there is nothing but their sooty outline to be seen. Parmiggiani will create an on-site installation for this exhibition.

The exhibition will be accompanied by a publication edited by Forma Edizioni under the scientific direction of Prof. Bruno Corà, who will also contribute a critical text. The exhibition is organized with the support of Mag, Forma Edizioni and Edra.

Alberto Burri, Rosso Plastica M3, 1961, Plastica, combustione su tela, 121,5 x 182,5 cm. ©Fondazione Palazzo Albizzini Collezione Burri

Fondazione Giorgio Cini
Isola di San Giorgio Maggiore 1, Venezia
+39 041 2710229, info@cini.com, www.cini.it
Orari: tutti i giorni (tranne il mercoledì) dalle 11 alle 19
Ingresso gratuito

Copertina: Pier Paolo Calzolari, Senza titolo 1980 (Mangiafuoco), 1980-86 © Giorgio Colombo, Milano
Ufficio Stampa: Studio ESSECI