Re-Collecting. Contenere lo spazio
Mimmo Paladino, Enzo Cucchi, Gianfranco Pardi, Athanasius Kircher, Franchino Gaffurio, Johann Sebastian Bach, Ferdinando Galli Bibiena, Pelagio Palagi
A cura di Sabrina Samorì
Prosegue con il secondo appuntamento, dedicato alla collezione permanente del MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna, RE-COLLECTING, ciclo di focus espositivi che approfondiscono temi legati alle collezioni permanenti di MAMbo e del Museo Morandi, indagandone aspetti particolari e valorizzandone opere solitamente non visibili, o non più esposte da tempo.
RE-COLLECTING, ideato da Lorenzo Balbi, si avvale della curatela dello staff dei due musei, sottoponendo le collezioni museali a uno sforzo interpretativo dal quale far scaturire prospettive inusuali, che possano rinnovare la relazione tra l’opera e il visitatore proponendo nuovi percorsi espositivi e di senso.
L’intento è di rendere dinamiche e in continuo rinnovamento le raccolte permanenti, anche collaborando con altre aree dell’Istituzione Bologna Musei, e invogliando i visitatori che già le conoscono a tornare, per rileggerle attraverso nuovi contenuti.
Contenere lo spazio, a cura di Sabrina Samorì, è una narrazione tridimensionale costruita attorno ai concetti di spazio vuoto e spazio pieno, spazio intimo e spazio pubblico.
In un gioco continuo di specchi, rimandi e confronti tra le opere della collezione permanente MAMbo, delle Collezioni Comunali d’Arte e del Museo internazionale e biblioteca della musica, e attraverso il loro intreccio relazionale, si è voluto dare spazio a differenti piani di lettura per generare riflessioni.
Se da un lato il focus espositivo indaga lo spazio che ognuno di noi occupa nella quotidianità – come vuoto tra i corpi, ma anche come luogo dove i corpi possono esistere – dall’altro il termine “contenere” ha un forte rimando sia all’attuale concetto di contenimento (sociale e culturale) sia a quello di contenitore (casa, museo, supporto dell’opera).
La mostra è concepita come un album della memoria che mette insieme opere e pensieri, al fine di ricostruire visivamente la storia attuale: quella che stiamo vivendo e che ha profondamente segnato il nostro modo di vivere lo spazio, il tempo e le relazioni.
Il percorso espositivo si apre con l’opera Città immaginaria al buio di Enzo Cucchi, trattata come una sorta di manifesto dei lunghi mesi di lockdown durante i quali strade, piazze e locali erano deserti: solo le luci serali delle abitazioni ci riportavano alla presenza umana. L’opera di Cucchi, seppur nata con intenzioni completamente diverse, può ricordare quelle lunghe giornate in cui lo spazio e il tempo erano contenuti nelle abitazioni e gli spazi, che normalmente brulicavano di vita, rimanevano immobili. La grande tela, completamente ricoperta da catrame nero, lascia intravedere la luce grazie a piccoli fori sulla superficie che ricreano lo skyline cittadino notturno, dove la vita è resa dalle luci delle abitazioni. Le città svuotate dalla presenza umana hanno rivelato la loro bellezza architettonica diventando luoghi e spazi immaginari, anziché vissuti.
È in questa condizione sospesa che si instaura il primo rapporto tra le opere esposte. La Prospettiva con scena di convito, di Ferdinando Galli Bibiena, rappresenta una porzione di palazzo in cui la possanza e monumentalità dell’architettura e la ricchezza delle sue decorazioni relegano le figure umane, colte in momenti pubblici di socialità, al ruolo di comparse. La monumentalità dell’edificio si dilata ulteriormente grazie allo sviluppo diagonale del pontile che penetra in uno spazio vuoto. In opposizione, il rigore formale di Diagonali: la grande architettura di Gianfranco Pardi – la cui ricerca si basa sullo studio dello spazio in rapporto all’astrazione e alla costruzione – stabilisce un luogo fisico e percorribile, che rompe la continuità spaziale con le intersezioni tridimensionali di piani diagonali. Entrambe le opere definiscono e ricostruiscono uno spazio architettonico che mette in gioco lo spazio definito e quello immaginario espandendo le possibili chiavi di lettura.
Pensare allo spazio, così come al suo possibile contenimento, vuol dire pensarlo nella sua molteplicità e complessità di luogo inteso come la posizione che un corpo ha rispetto agli altri, ma allo stesso tempo anche come contenente di tutte le cose. A tal proposito, la moltitudine dei volti fluttuanti nell’opera Teste di Mimmo Paladino si contrappone ai volti ritratti da Pelagio Palagi. La ripetizione del gesto e del soggetto, che rende massiva la grande tela di Paladino, mostra una condizione collettiva che si oppone all’intimità domestica della famiglia Insom nell’opera di Palagi. La neutralità, nella parte inferiore della tela di Palagi, racchiude i volti della famiglia tra due spazi vuoti per enfatizzare lo stretto legame tra la madre e i figli, ma anche per sottolineare l’autorevole distanza del capofamiglia. Il vuoto fra le teste di Paladino plasma e forma la composizione, dando un senso di continuità alla grandezza dell’opera e generando una forte energia di legame.
Così come l’architettura, il segno, e la pittura hanno a che fare con lo spazio, anche il linguaggio musicale fa ampio uso di termini spaziali. L’Arte della fuga, opera incompiuta di Johannes Sebastian Bach, è una delle opere più complesse e articolate mai scritte nella storia della musica. Nello specifico, Contrapunctus VII, che si basa su opposizioni, ribaltamenti e traslazioni spaziali sul pentagramma, ha una struttura costruita sfruttando le linee, gli spazi e le coordinate spaziali del sistema di notazioni musicali, la cui componente temporale, la sovrapposizione di melodie diverse e le manipolazioni del tema sono rappresentate nello spartito.
Anche Practicae musicae di Franchino Gaffurio abbraccia idealmente il tema del contenimento spaziale. L’immagine iconica di un intero coro che legge dallo stesso libro rappresenta una peculiarità per contenere gli alti costi della stampa dei libri nel Cinquecento. Proprio per una questione economica, i libri di musica venivano stampati in enormi formati (in folio) le cui due facciate contenevano tutte le voci del coro.
La mostra si chiude con il Musurgia Universalis, un trattato monumentale pubblicato a Roma nel 1650, nel quale il gesuita Athanasus Kircher espose la teoria e la filosofia dei suoni e la scienza musicale, composto da dieci libri suddivisi in due tomi. Particolarmente interessanti le tavole sul rapporto suono/spazio che, simbolicamente e artisticamente, descrivono la teoria dell’eco e – oltre a stabilire le distanze minime dall’oggetto riflettente per percepire in modo distinto un determinato numero di sillabe – illustrano, secondo le teorie di Kircher, la possibilità di creare artificiosamente echi multipli.
Contenere lo spazio è accompagnata da un’agile pubblicazione in italiano e inglese realizzata dall’ufficio editoriale dell’Area Arte Moderna e Contemporanea con un testo della curatrice e immagini delle opere, in distribuzione gratuita per il pubblico.
MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna, Project Room
Via Don Minzoni 14, Bologna
+39 051 6496611, www.mambo-bologna.org
Orari di apertura: martedì – venerdì 16.00 – 20.00; sabato e domenica h 10.00 – 20.00 su prenotazione obbligatoria da effettuare on line entro il giorno precedente la visita
Ingresso: intero 6 euro, ridotto 4 euro, con preacquisto sul sito: https://www.midaticket.it/eventi/mambo-museo-darte-moderna-di-bologna
Immagine di copertina: Gianfranco Pardi, Diagonale, 1982. Legno dipinto, cm 220 x 300 x 220. MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna