Vielheit. Storie della società post-migrante
A cura di Jörn Schafaff
Dal 18 giugno al 24 settembre 2023, Kunst Meran Merano Arte propone la mostra Vielheit [molteplicità]. Storie dalla società post-migrante, a cura di Jörn Schafaff, che vede gli interventi di Bani Abidi, Sol Calero, Clément Cogitore, Pradip Das, Nicolò Degiorgis, Barbara Gamper, Nadira Husain, Pinar Öğrenci, Willem de Rooij, Ecaterina Stefanescu, Rirkrit Tiravanija, Haegue Yang e Želimir Žilnik.
La realtà sociale odierna, in Europa così come in molte altre parti del mondo, è post-migrante, ovvero caratterizzata dalla convivenza quotidiana di persone di origini, nonché background culturali, sociali, etnici e religiosi differenti. Tuttavia, spesso l’approccio mediatico e il discorso politico non riflettono questa “molteplicità”. La mostra Vielheit [molteplicità] ci invita a esplorare la complessità delle società post-migranti attraverso narrazioni personali e considerazioni generali: come cambiano le preferenze, le abitudini, le percezioni e le relazioni in un mondo sempre più caratterizzato dalla molteplicità? Dove e come diventa visibile il cambiamento? Quali sfide ne derivano per gli individui, per i gruppi e per la società nel suo complesso? I contributi artistici proposti in mostra ci incoraggiano a pensare alla molteplicità in qualità di spazio di possibilità, ma anche come a una sfida.
Ad esempio, l’Alto Adige è meta di migrazioni per persone provenienti da altre regioni italiane, altri stati europei o altri continenti e tutte queste persone portano con sé le proprie esperienze, conoscenze, idee, estetiche e modi di vivere.
L’opera linguistic landscapes (how do we come together in our differences?) (2023), dall’artista di origine meranese Barbara Gamper, nasce proprio da riflessioni su questo contesto. Attraverso un questionario e un workshop, l’artista ha discusso con studenti e studentesse di Merano di temi quali l’appartenenza, la partecipazione, il futuro e il potere della lingua. Ne è nato un doppio banner su cui i pensieri dei e delle giovani sono condensati in una “Word Cloud”. Sempre realizzata appositamente per questa mostra, la nuova installazione dell’artista tailandese Rirkrit Tiravanija untitled 2023 (neighbours) (2023) mostra su più schermi persone di origini diverse che raccontano il loro arrivo a Merano, la loro vita attuale e i loro desideri per il futuro. La piattaforma di legno su cui poggiano gli schermi fa riferimento all’esperienza migratoria dell’artista stesso: ha le dimensioni, infatti, della prima stanza in cui ha vissuto dai 19 anni, quando si è trasferito dalla Thailandia per studiare in Canada.
Anche il cortometraggio Inventur Metzstraße 11 (1975) di Želimir Žilnik è sviluppato per interviste dirette: il regista serbo ha chiesto agli inquilini e alle inquiline di un condominio di Monaco di presentarsi davanti alla telecamera. Il risultato è un ritratto vivido e toccante delle condizioni di vita dei cosiddetti “Gastarbeiter”, termine coniato nella Germania Ovest degli anni del boom economico per designare i lavoratori immigrati, provenienti soprattutto dalla Grecia, dalla Turchia e dall’Italia.
La storia del XX secolo ci ricorda che la migrazione non è affatto un elemento di novità e che, al contrario, è più spesso la stanzialità a costituire un’eccezione. Quindi, invece di continuare a distinguere tra “residenti” e “nuovi arrivati”, sembra più sensato concentrarsi sui cambiamenti nell’ambiente di vita come interesse comune. Vielheit, la molteplicità, è un concetto utile a questo scopo: racchiude un gran numero di elementi disparati, una varietà che può essere pensata insieme nonostante le differenze. Anche lo studioso di migrazioni Mark Terkessidis usa il termine in questa accezione nelle sue riflessioni sulla società post-migrante. Egli ritiene che la molteplicità riguardi diversi ambiti, non solo quello migratorio, ma che, tuttavia, esso ne costituisca un elemento essenziale. In senso più ampio, legge la pluralità come la base della coesistenza sociale e la migrazione come un processo dinamico che interessa tutti i settori della società.
La pluralità risulta particolarmente evidente in quei luoghi che danno vita alle società post-migranti. Il libro Hidden Islam (2014) dell’artista residente a Bolzano Nicolò Degiorgis propone fotografie di spazi di preghiera musulmani nel nord Italia, scattate nel corso di lunghi anni di ricerca. Parallelamente, Degiorgis ha raccolto anche testimonianze del dibattito pubblico legato a questi luoghi, spesso segnato da posizioni razziste. Ne costituisce un esempio Case Studies TV31020 (2009 – 2013), un’installazione a parete proposta in mostra che comprende fotografie, articoli e documenti.
Il video The Song (2022) dell’artista cresciuta in Pakistan Bani Abidi accompagna un uomo anziano al suo arrivo a Berlino. Con strumenti improvvisati, cerca di rendere sopportabile il silenzio del suo nuovo appartamento, in ricordo del rumore di fondo a cui era abituato nel suo luogo d’origine, una metropoli non ben identificata del sud del mondo. L’artista nata a Parigi Nadira Husain, invece, crea dipinti che sono luoghi mentali transculturali, come An Elephant in Front of the Window, Kulfi (2022), in cui i motivi della pittura classica indiana e i pezzi della cultura fumettistica europea si combinano con questioni di queerness e di empowerment femminista.
Un’altra tematica affrontata in mostra riguarda le nozioni di identità e gli stereotipi culturali. Bouquet IX (2012) dell’artista olandese Willem de Rooij è un magnifico bouquet di fiori i cui boccioli sono accomunati dal colore bianco. Tuttavia, la loro forma è molto diversa e la maggior parte di queste piante non è originaria dell’Europa. La scultura può quindi essere vista come una riflessione sulla tensione tra concetti astratti come uguaglianza e differenza e sulle connotazioni storico-sociali del colore bianco. Escultura Salsera II (2014) dell’artista cresciuta in Venezuela Sol Calero è una scultura costituita da mattoni, un piedistallo e tessuto che assomiglia a una ballerina di salsa. Passando dall’astrazione alla figurazione con colori vivaci, l’opera sembra essere un simbolo della cultura latino-americana, ma soprattutto si interroga su cosa significhi dare tali attribuzioni.
Attraverso approcci diversi, documentari e poetici, gli interventi artistici in mostra esplorano cosa significa comprendere i cambiamenti sociali e culturali al di là delle semplici concezioni di appartenenza. L’attenzione è rivolta non da ultimo a quelli che la studiosa di migrazione Regina Römhild ha definito “momenti eterotopici di convivialità”: quei tanti piccoli eventi di successo basati sulla cooperazione, che contrastano la stigmatizzazione populista della migrazione e delle sue conseguenze.
Come parte integrante del progetto, il Public Program di attività didattiche e eventi invita a riflettere sul futuro della coesistenza sociale nel territorio assieme ad artist*, accademic* e attivist*.
Il 17 giugno, in occasione dell’opening, Barbara Gamper propone un “intervento somatico”. Dopo la proiezione del suo film Gurbet Is A Home Now (2021), l’artista Pinar Öğrenci discuterà con il ricercatore sulla migrazione Erol Yildiz del significato dell’architettura, dell’edilizia e dello sviluppo urbano nelle società post-migranti. Per quattro giovedì di giugno e luglio, Kunst Meran invita il pubblico a partecipare a Haircuts With Attitude, un salone da parrucchiere fittizio nel centro di Merano. Davanti a drink e ascoltando un po’ di musica, l’artista Filippo Contatore taglierà i capelli ai suoi e alle sue ospiti – tra cui la ricercatrice sulle migrazioni Claudia Lintner e la critica d’arte e autrice Rosalyn D’Mello – e parlerà con loro di questioni di identità culturale. Il programma prevede anche la proiezione del nuovo documentario di Manuela Boezio e Federico Scienza Dodici di noi (2023), dedicato alla convivenza post-migrante in Alto Adige. Un workshop dedicato alle persone più giovani esplorerà la questione di come potrebbe essere la coesistenza tra le idee personali di identità e l’appartenenza a un gruppo; alla fine sarà anche possibile tagliarsi i capelli.
Per l’ultimo fine settimana di mostra sono previsti due diversi appuntamenti: un workshop contro il razzismo con Fouzia Kinyanjui e Ivo Passler (di Human Rights Initiatives) e il Kunsthaus Clubbing Transcultural Sunday Lounge, con DJ Kandeesha che farà vibrare le pareti del Kunsthaus con una selezione della sua “Musica Disorientale”.
From 18 June to 24 September, Kunst Meran Merano Arte will be presenting the exhibition Vielheit [Multiplicity]. Stories from the postmigrant society, curated by Jörn Schafaff with artworks by Bani Abidi, Sol Calero, Clément Cogitore, Pradip Das, Nicolò Degiorgis, Barbara Gamper, Nadira Husain, Pinar Öğrenci, Willem de Rooij, Ecaterina Stefanescu, Rirkrit Tiravanija, Haegue Yang and Želimir Žilnik.
In many places, not only in Europe but elsewhere in the world, the social reality of today is postmigrant – i.e. one characterised by people of different origins living together, with those of different cultural, social, ethnic and religious backgrounds sharing everyday life. Nevertheless, this multiplicity is often not reflected in the media or political discourse. The exhibition Vielheit, by contrast, invites visitors to explore the complexity of postmigrant societies via personal narratives and general observations. How do preferences, habits, perceptions and relationships change in our increasingly multiform world? Where and how does what is new become visible? What demands arise from this – for individuals, for social groups, for society as a whole? The artistic contributions to the exhibition invite visitors to reflect on multiplicity both as a space for possibilities, but also as a challenge.
South Tyrol, for example, is a migration destination for people from other regions of Italy, from other European states and from other continents. They all bring with them their experiences, their knowledge, their ideas, their aesthetics and ways of life. Against this background, the artist Barbara Gamper, herself from Meran/o, created the 2023 work linguistic landscapes (how do we come together in our differences?). Using a questionnaire and a workshop, she addressed topics such as belonging, participation, the future and the power of language with school students from Meran/o. The result is a two-part banner on which the thoughts of the young people are condensed into a “word cloud”. The new installation by Thai artist Rirkrit Tiravanijas, untitled 2023 (neighbours), was also created for the exhibition: several screens show people of different origins talking about their beginnings in Meran/o, their current lives and their wishes for the future. The wooden platform on which the screens stand reflects Tiravanija’s own migratory experience: it has the same dimensions as the room in which the-then 19-year-old Tiravanija first lived after he arrived in Canada from Thailand to study.
Želimir Žilnik’s short film Inventur Metzstraße 11, made in 1975, also lets those affected speak for themselves: the Serbian filmmaker asked the residents of a Munich apartment building to introduce themselves in front of the camera. The result was a sober yet touching insight into the life situations of so-called guest workers – for example, from Greece, Turkey and Italy – in what was at the time West Germany.
This look back at the 20th century reminds us that migration is by no means a new topic. Historically, migration is not even the exception; what appears unusual is, instead, the condition of being sedentary. Instead of continuing to differentiate between the “established” and the “newcomers” as regards questions of living together, it would therefore seem to make more sense to focus on the changes in our living environment as a common concern. Vielheit [mulitiplicity] is a helpful term for this: it denotes a large quantity of something that is within itself disparate – in other words, a diversity that, despite all differences, still wants to be thought of as together. Migration researcher Mark Terkessidis also uses it in this sense in his reflections on postmigrant society. For him, today’s society is “a bundle of differences”, of which migration is only one factor among many. On the one hand, it is a matter of always thinking of all these differences (class, gender, sexual orientation, education, religion, etc.) together; on the other, it is a question of understanding migration as a dynamic process that affects all areas of society. More generally, it is about plurality in all its facets as the basis of social coexistence.
Last but not least, plurality is evident in those places emerging in postmigrant societies. Nicolò Degiorgis’ 2014 book, Hidden Islam, shows photographs of Muslim prayer spaces in northern Italy. The photos were taken in the course of several years of research during which Degiorgis also recorded the often racially tinged public discussions about these new postmigrant places. Examples of his research are the numerous photos, newspaper articles and documents from Case Study TV31020 (2009-2013), arranged by the artist (who lives in Bozen/Bolzano) as a wall installation for the exhibition. In her 2022 video The Song, the artist Bani Abidi, who grew up in Pakistan, accompanies an elderly man upon his arrival in Berlin. Using instruments made from household objects, he tries to make the silence of his new flat bearable in memory of the background noise that characterised his place of origin, a metropolis in the global south. Paris-born Nadira Husain, on the other hand, creates transcultural mental places with paintings such as An Elephant in Front of the Window, Kulfi (2022), in which motifs of classical Indian painting and elements of European comic culture combine with questions of queerness and feminist empowerment.
A third theme of the exhibition concerns how we deal with notions of identity and cultural stereotypes. Bouquet IX (2012) by the Dutch artist Willem de Rooij is a magnificent bunch of flowers whose blossoms all have one criterion in common: their white colour. In terms of their form, however, they are very different; in addition, most of the flowers are not originally native to Europe. The sculpture can thus be seen as a reflection on the tension between abstract concepts such as sameness and difference and on the socio-historical connotations of the colour white. Sol Calero’s Escultura Salsera II (2014) is a sculpture of bricks, base and fabric that looks like a salsa dancer: shifting between abstraction and figuration, the brightly coloured work by the artist, who grew up in Venezuela, seems to be a symbol of Latin American culture, but above all asks what it takes to make such assumptions.
Using a Vielheit [multiplicity] of documentary and poetic approaches, the artistic contributions to the exhibition explore social and cultural change beyond simple conceptions of belonging. The focus is not least on what migration researcher Regina Römhild has called “heterotopic moments of conviviality”, the many small events of successful togetherness that run counter to the populist stigmatisation of migration and its consequences.
Kunst Meran Merano Arte
Via dei Portici 163, Merano (BZ)
+39 0473 212643, info@kunstmeranoarte.org, www.kunstmeranoarte.org
Orari: martedì – sabato: 10.00 – 18.00; domenica e giorni festivi: 11.00 – 18.00. Lunedì chiuso
Biglietti: intero Euro 6,00; ridotto (Over 65, guestcard..) Euro 5,00
Copertina: Sol Calero, Escultura Salsera II, 2014. Courtesy of the artist and ChertLüdde, Berlin / Haegue Yang, Woven Archi-Head in Six Folds – Accentuated Nature, 2018. Courtesy of Galerie Barbara Wien, Berlin. Foto: Ivo Corrà