7 luglio 2023 – 21 gennaio 2024
Fondation Pierre Gianadda, Martigny (Svizzera)
A cura di Fabrice Hergott, Musée d’Art moderne de Paris con Jacqueline Munck, Conservatore capo del Musée d’Art moderne de Paris, e Arianne Sarkari
In collaborazione con il Musée d’Art moderne de Paris, Paris Musées, la Fondation Pierre Gianadda ha il privilegio di presentare oltre un centinaio di opere provenienti dalla collezione del museo parigino e da altri musei francesi, come il Musée national d’art moderne Centre Pompidou, il Musée Paul Dini o il Musée des Beaux-Arts di Bordeaux e da collezioni private. Dipinti, sculture e ceramiche emblematiche degli anni fauves riempiranno le pareti della fondazione di colori sgargianti.
Una mostra che guarda al Fauvismo, il primo movimento d’avanguardia del XX secolo, un movimento che fu guidato da Henri Matisse affiancato da un gruppo di pittori, tra cui Henri Manguin, André Derain, Maurice de Vlaminck, Charles Camoin, Georges Rouault e Albert Marquet. Questi artisti esposero le loro opere nella sala VII del Salon d’Automne nel 1905 in reazione alle effimere variazioni dell’atmosfera e le vibrazioni instabili della luce dei quadri impressionisti, “scrollandosi dalla tirannia del Divisionismo”.
Riguardo a certi paesaggi portati al massimo della loro intensità con i loro toni esaltati, Matisse: dichiarò che “…bisognerebbe venire a mettere il sole dietro la tela”. Questi giovani artisti portavano al parossismo la lezione di Van Gogh esaltando il colore puro. Un eccesso che scatenò le ire del pubblico e della critica d’arte, che attaccarono violentemente questi nuovi pittori. Il critico Louis Vauxcelles, scoprendo nella suddetta stanza un busto di fanciullo all’italiana dello scultore Albert Marque, esclamò: “Donatello parmi les fauves” (Donatello tra le belve!)
Da qui la denominazione del Fauvismo, un’avanguardia senza regole e divieti. A Parigi, all’epoca luogo di richiamo per artisti di tutta Europa, questa giovane generazione di artisti formatisi all’Ecole des Beaux-Arts o in liberi atelier, conduce questa lotta innovativa dall’estetica rivoluzionaria. A questo primo nucleo di fauves, che tra il 1905 e il 1908, dipinse a Collioure, sulla costa della Normandia, a Saint-Tropez e a L’Estaque, si unirono giovani pittori di Le Havre: Emile Othon Friesz, Raoul Dufy, Georges Braque, poi Kees van Dongen dai Paesi Bassi e Pierre Girieu, che parteciparono a questo grande riscatto delle tonalità dei colori. A questi artisti possono essere associati altri pittori come Louis André Valtat, Jean Metzinger, Robert Delaunay, Etienne Terrus, Maurice Marinot e il giovane Auguste Herbin molto presenti nei momenti chiave dell’evoluzione del fauvismo o in occasione dei Salon des Indépendants o del Salon d’Automne.
Picasso, di cui due opere sono presenti in mostra, ebbe stretti contatti con i Fauves; egli osserva da vicino Matisse e Derain e si confronta con le loro ricerche in relazione al suo periodo rosa. È inoltre vicino a Kees van Dongen al Bateau Lavoir, condividendo con lui una tematica carica di similitudini.
Con questa nuova tecnica pittorica, si realizza la costruzione dello spazio mediante il colore puro, con forme dai colori uniformi e definite, con sfumature non “descrittive” ma “espressive” in cui i contrasti cromatici sostituiscono la prospettiva. Nei volti il modellato viene rimosso e sostituito con sfumature pienamente libere e lontane dalla realtà. Insomma: la sensazione fa a gara con l’emozione. Nelle tele di alcuni artisti è ancora utilizzato il tocco a mosaico, derivato dal neoimpressionismo, come lo praticava Matisse.
Lo stridore dei rossi, dei verdi e degli arancioni presenti negli oli dei Fauves, esprime “i fuochi dell’estate” e l’audacia delle composizioni.
La Senna e i villaggi di Chatou, Pecq, Argenteuil e anche la Normandia fanno parte dei paesaggi accesi dei Fauves, come pure la rappresentazione della città e della strada adornata con l’esposizione di bandiere e di stendardi. E non dimentichiamo il fascino della notte, dei cabaret e dei circhi parigini da cui prendono vita le “ragazze” o gli “ubriaconi” di Georges Rouault, le prostitute e gli acrobati di Picasso o Van Dongen. Tutto questo piccolo mondo notturno che rispecchia l’atmosfera all’epoca della Butte Montmartre. E ancora, il nudo, il ritratto e la modella in studio trattati con lo stesso ardore inebriante di un cromatismo portato all’estremo. E, per finire, le bagnanti di Ludwig Kirchner che riecheggiano quelle sgargianti di Matisse o di Vlaminck.
Derain si meraviglia delle sculture dell’Oceania del British Museum “espressivamente sconvolgenti”. Il vigoroso realismo di questa statuaria africana e di altri paesi lontani, con la sua semplificazione estetica, la sua scomposizione anatomica, i suoi canoni antagonistici di bellezza rispetto all’arte classica si riversa nelle botteghe dei Fauves portando un “linguaggio universale”. L’esotismo si unisce così all’universalità della creazione. Diverse sculture provenienti da diverse regioni dell’Africa e della Nuova Guinea sono presentate in mostra a dimostrazione della loro influenza sull’arte europea. Lontano dall’etnocentrismo occidentale con Derain, Vlaminck e Matisse che acquisirono sculture, statuette e maschere da Gabon, Congo, Benin, Oceania ecc. da cui hanno poi tratto ispirazione.
I Fauves furono aperti alle innovazioni tecniche e multiculturali: la ceramica in particolare ha conosciuto una rinascita all’inizio del XIX secolo e a contatto con scoperte archeologiche e altre ispirazioni alcuni artisti si dedicarono alla pittura su ceramica. Fu con il ceramista André Metthey che si formarono in questa nuova espressione artistica e la collaborazione con lui diede vita alla Scuola di Asnières. Gli artisti fauve dimostrano la loro attrazione verso questo processo in creazioni esemplari come piatti o vasi, firmati Vlaminck o Derain. Cécile Debray dichiara che: “Il Salon d’Automne offre un quadro favorevole per la riabilitazione di quest’arte e la sua introduzione nei circoli artistici”. Queste creazioni testimoniano un altro aspetto del fauvismo e completano questa mostra in modo molto arricchente.
Alcune opere esposte
Matisse (1869-1954), figura di spicco del XX secolo, prese lezioni da Gustave Moreau a Parigi e divenne il protagonista del fauvismo. Il suo Paysage de Saint-Tropez au crépuscule / Paesaggio di Saint-Tropez al crepuscolo (olio su cartone del 1904) è realizzato a fasce colorate dove il blu passa dall’oltremare all’azzurro per terminare con un cielo acquamarina attraversato da nuvole viola. Con ampie pennellate riduce radicalmente gli alberi dando loro l’aspetto di fantasmi!
Derain (1880-1954) conosce Matisse e Vlaminck all’Accademia Carrière e a Collioure: innova con i colori puri. Affascinato dall’arte africana, egli punta all’essenziale e semplifica le forme come in Trois personnages assis dans l’herbe / Tre personaggi sedute sull’erba (olio su tela, 1906). Un trattamento a stesure piatte per il verde dell’erba in contrasto con l’azzurro del cielo e i protagonisti raccontati con pochi tratti in colori dissonanti in rapporto con quelli complementari.
La scoperta della pittura di Van Gogh porta Maurice de Vlaminck (1876-1958) ciclista, musicista, giornalista anarchico, alla pittura. È considerato il fauve più “radicale”, come ben documenta Berges de la Seine à Chatou / Rive della Senna a Chatou (olio su tela, 1906), un tema che affronta con i colori puri. Pennellate energiche traducono una natura in movimento conferendole un aspetto sismico.
Il fauvismo ebbe come riferimento i luoghi di Chatou, Collioure o l’Estaque, ma un polo si sviluppò anche a Le Havre con tre normanni che si avvicinarono ai Fauves: Othon Friesz, Raoul Dufy e Georges Braque. Le Havre, con la sua intensa attività portuale e i suoi cieli mutevoli, fu fonte di ispirazione per questi giovani artisti.
In particolare con Les régates / Le regate (olio su tela, 1907-1908), Dufy (1877-1953) offre un esempio di questa febbrile attività marinara gestita con un cromatismo sorprendente e rapidi schizzi di appassionati affacciati dalle rive per ammirare le barche veleggianti nel mare. Il colore piatto circondato dal nero comprova l’adesione di Dufy al fauvismo. Braque (1882-1963) attratto dal Sud, dipinge a L’Estaque sulle orme di Cézanne, poi, sedotto dalla luce abbagliante del Mediterraneo, pennella Le golfe des Lecques / Il Golfo di Lecques (olio su tela, 1907). Con una veduta a volo d’uccello, i piani si dispiegano frontalmente con il giallo intenso della pineta, il blu cobalto del mare e, a chiudere l’orizzonte, i contorni delle montagne colorati e contornati di nero. Un cielo dai toni infuocati chiude questa composizione.
Ben diversa è la situazione con Henri Manguin (1874-1949) considerato “pittore della felicità”, amico di Matisse e Camoin. Pratica un fauvismo meno assoluto dei suoi contemporanei e può gestire la sua pittura senza preoccupazioni finanziarie, a differenza di altri artisti che seguono il fauvismo. Dal 1905 trascorre le sue estati a Villa Demière a Malteribes vicino a Saint-Tropez. Qui Manguin firma La femme à la grappe / La donna con l’uva (olio su tela, 1905, Fondation Pierre Gianadda) in cui sua moglie Jeanne, in posizione frontale, aggraziata e naturalistica, regge un grappolo d’uva scura che contrasta con i bianchi tenui esaltati dai toni del blu. La sciarpa che fa da contrappunto con il grappolo è proposta in un audace blu notte. L’ambiente che accoglie la donna è rappresentato con tocchi morbidi, dove si confrontano colori caldi e colori freddi. Manguin, offre un lavoro raffinato e avvincente. Auguste Herbin (1882-1960), formatosi all’École des Beaux-Arts di Lille, si trasferì a Parigi nel 1901. Un soggiorno in Corsica gli rivelò la luce mediterranea e modificò la sua pittura in direzione fauve. Con Bruges (acquerello su carta, 1907) adotta il cromatismo espressivo dei fauves, la semplificazione delle forme e la presa di distanza dalla realtà.
Louis André Valtat (1869-1952), fu ammesso all’Ecole des Beaux-Arts di Parigi all’età di 17 anni e poi completò la sua formazione all’Académie Julian. Trasferitosi in un atelier ad Anthéor, visita Renoir mentre Cagnes gli ispira questo Paysage de Cagnes / Paesaggio di Cagnes (olio su cartone, 1898). In quest’opera Valtat anticipa il fauvismo dipingendo un quadro con tocchi come bastoncini che attraversano il cielo in modo dinamico. I tronchi viola degli alberi testimoniano il desiderio di allontanarsi dal colore originale mentre il terreno viene trattato in modo decorativo come avverrà in piena stagione fauve.
Cartucce di dinamite
Le pareti della Fondation Pierre Gianadda si incendiano con le “cartucce di dinamite” di Vlaminck e documentano quanta “energia vitalistica” sprigionino gli esponenti del fauvismo eliminando del tutto le ombre: uno spettacolo pirotecnico nel concerto dell’arte di inizio Novecento.
Fondation Pierre Gianadda
Rue du Forum 59, 1920 Martigny (Svizzera)
+41 (0) 27 722 39 78, www.gianadda.ch, info@gianadda.ch
Ufficio stampa: uessearte