La mente è come l’acqua di uno stagno – suggeriva Joseph Campbell – se soffia il vento, l’acqua è increspata e le immagini che vi si riflettono sono frammentate e la visione del fondale è offuscata. Le esperienze percepite attraverso i sensi giocano nella mente lo stesso ruolo del vento. La materia cerebrale reagisce agli stimoli creando una moltitudine di immagini che si accavallano e sovrappongono, confusamente. Tuttavia, se il vento si calma, l’acqua dello stagno riflette perfettamente il mondo circostante, come uno specchio, e ciò che giace nel fondale si rivela come per magia. Allo stesso modo, placare i movimenti confusi della mente permette di poter guardare il proprio essere nella sua interezza, scoprendo che le immagini parziali che si hanno di se stessi, sono invece riconducibili ad un tutt’uno.

“Lascia che il vento si calmi, che l’acqua si pulisca da qualsiasi deposito, e vedrai perfettamente riflesse le forme che prima erano solo frammenti. Questo è ciò che accade quanto la mente è calma […]: tutti i frammenti che riflettono le parti del nostro essere, si riuniscono in quell’unica immagine che ci rappresenta interamente. A quel punto non è più solo possibile vedere il cielo riflesso, ma anche le profondità dell’acqua. Le profondità di se stessi. E l’immagine che si presenta, riunisce tutti i frammenti precedenti, quei frammenti in cui noi siamo spezzettati.” – Joseph Campbell
Rievocando le sensazioni di assoluta libertà e di immersione nella natura selvaggia di Nelle terre estreme [Into the Wild – per chi volesse liberarsi di una traduzione così poco clemente], I vagabondi del Dharma [The Dharma Bums – cit.] accompagna con calma assoluta, e senza la promessa di avvenimenti avvincenti o giochi di luce, alla scoperta di quel percorso volto a placare la mente e a ricercare la completezza, la vera forma della propria immagine. Attraverso il racconto dei discorsi, delle feste, delle letture, delle scalate e dei viaggi senza meta di un gruppo di amici di San Francisco, Kerouac tenta di far scoprire l’emozione di inseguire quello che i buddhisti chiamano Dharma, o verità, intesa come reale forma della propria essenza, fonte della propria felicità. “Segui ciò che ti fa felice” era il mantra di Campbell, perché “non è il senso della vita quello che veramente si cerca, ma la sensazione di essere vivi”.
La Verità è una conquista personale che ognuno raggiunge attraversando ciò che non si conosce. È una lunga e faticosa ascesa lungo la quale è necessario scostare gli ostacoli, gli impedimenti, i veli dietro cui si nasconde la veritá affinché, alla fine, possa spuntare quella luce tanto inseguita – J. R. Santiago, Mandala – The Mystical Diagram of Hinduism
Rifacendosi ad uno dei maggiori pilastri di questa filosofia – il Dharma – e a cosa questo ha significato per un gruppo di ragazzi nella San Francisco alla vigilia degli anni ‘60, Kerouac usa il Buddhismo come fonte di opposizione e di fuga dal dogma borghese occidentale, da una società soffocata dalle proibizioni e dal ‘Thou shalt not’ [‘Tu Non Devi’]. In questo senso, e come ricorda Kerouac stesso in un passaggio di Mexico City Blues, il Buddhismo è considerato come ‘un ospedale per il malato’, per colui che non trova il proprio spazio nella società, è il posto dove rincorrere il proprio essere, ritrovare se stessi, crearsi un mondo dove anche la parte più oscura e anticonvenzionale di sé è accolta come necessaria per completare l’immagine più ampia. Nella ricerca del Dharma, non vi è nessuna rinuncia alla vita, al contrario. Il gruppo di amici, guidato da Ray, protagonista e vagabondo per eccellenza, e dal suo mentore, Japhy, non si ritira dal mondo ma ci viaggia dentro, addentrandosi nei suoi antri più scuri e selvaggi, percorrendo lo stesso viaggio nella propria testa. Di conseguenza, le avventure di questo gruppo di amici sono colorate da un sesso libero e pagano, i viaggi da passaggi in autostop – nella migliore tradizione di Sulla Strada – le serate dal vagabondaggio tra un bar l’altro. Ognuna di queste esperienze è vissuta nel ‘qui ed ora’, alla ricerca di quell’emozione che rende vivi. Il tutto, in accordo con le vibrazione di una San Francisco alle porte della psichedelia degli anni Sessanta.
Guarda il mondo pieno di viaggiatori con lo zaino in spalla, vagabondi del Dharma, che si rifiutano di piegarsi alle richieste della produzione consumistica e di lavorare per i privilegi del consumismo […]. Tutti loro, attraverso dei gesti strani ed inaspettati, continuano a proiettare un’immagine di eterna libertà ad ognuna e tutte le creature viventi
Ogni esperienza è vissuta su due binari complementari: quello della collegialità e dell’individualità. Facendo eco allo stesso Buddha, che ottenuta l’illuminazione riconosce l’impossibilità di insegnare il percorso per arrivarvi, perché unico per ognuno, ma che riconosce che il viaggio può essere rivelato attraverso l’esperienza, I vagabondi del Dharma è un compagno di viaggio, divertente, ironico, trasgressivo, il cui obiettivo sembra essere quello di far godere di quella ‘Ironia Erotica’ che Campbell riprende dal libro di Thomas Mann Tonio Kröger, e secondo cui, ciò che si ama in una persona non è la sua perfezione, ma i suoi difetti. Allo stesso modo, ciò che rivela la straordinarietà di un’esistenza non è il percorso segnato, ma le singole deviazioni e spesso la propria intrinseca anti convenzionalità. L’importante è guardare negli occhi la vera immagine di sé. In fondo, facendo eco a Gramsci e Lenin, solo la verità è rivoluzionaria.
Ripple in still water;
When there is no pebble tossed;
Nor wind to blow’
There is a road, no simple highway
Between the dawn and the dark of night
And if you go no one may follow
That path is for your steps alone
Immagine di copertina: Photo Credit Clive Varley, Where Freedom is found, 2017 – CC BY 2.0.
References: Joseph Cambpell, the Lectures of Joseph Campbell, available on Spotify – J. R. Santiago, Mandala, The Mystical Diagram of Hinduism – Jack Kerouac, Mexico City Blues – Jack Kerouac, Sulla Strada – Thomas Mann, Tonio Kröger