Di Carlotta Monteverde
Tre coralli, due trittici di marine intitolati Tremare, cinque conchiglie le opere esposte nella mostra prorogata fino al 30 gennaio presso la Galleria Ginomonti a Ancona. Una pittura liquida, performativa, che si coagula in immagini visionarie e dense di lirismo. I viola, i blu, i verdi e i neri dell’olio e della grafite incisi da gesti continui e semiautomatici registrano segni, tracce dell’esperienza vissuta, paesaggi interiori, perché, come spiega Mario Nalli nel suo studio: «Non si può fingere, un quadro è sempre autobiografico». Merito dell’autore, scrive il curatore Gabriele Perretta nel testo introduttivo, «è riaffermare che l’arte non ha come criterio di verità la realtà immediata, non nasce da imitazione della natura, ma da un bisogno che […] egli chiama “oscillare tra fantasia e verosimiglianza”, determinandolo (come peraltro aveva già fatto l’estetica post-moderna) come bisogno d’autorealizzazione o d’autoggettivazione».
L’esposizione, sebbene presenti nella quasi totalità lavori inediti, ritorna su tematiche “marine”, già indagate nella personale alla galleria L’Attico del 2014. Sono minimi i nuclei cui nel tempo Nalli si è dedicato: dopo gli esordi negli anni ’80 e un decennio e oltre di sperimentazione di materiali e tecniche – dove si alternano icone come San Sebastiano (l’ultima mostra prima di un lungo silenzio) o la riproduzione del proprio studio nell’imponente polittico da 5×2 metri per IV giovani al Palazzo delle Esposizioni (1992) – l’artista riemerge nel 2012 con una diversa qualità pittorica e una nuova maturità declinate nei cicli Terre inviolate (2012, L’Attico, Roma), Miraggi di Mare (2014, L’Attico, Roma), Onda di sangue (2015, L’Attico, Roma) e Speco (2016-17, Spazio Menexa, Roma). Ovvero: la natura diventa assoluta protagonista delle sue tele, i formati si fanno spesso lunghi e schiacciati; «il passaggio è tra le alture e i paesaggi desertici e le alture e i deserti del mare. Filo conduttore è la profonda solitudine, perché l’uomo non c’è mai, è solo quello che guarda»¹. L’intento è di coniugare l’osservazione del dato reale per trasfigurarlo in un caleidoscopio di riflessi, memorie, suggestioni dove al centro sono il colore e l’idea stessa del fare arte.
Racconta Nalli della propria ricerca: «Ho sempre avuto bisogno di un’immagine dentro di me. Inizialmente non riuscivo a gestirla, la tecnica, e la avevo rifiutata, era lei che gestiva me. La rappresentazione nasce dalla scommessa di portare quei gesti a cose riconoscibili. Dopodiché Speco è diverso ma ciò che c’è prima è la fase preziosa perché ho incanalato una pittura processuale in una pseudo figurazione». L’iter è «dal graffio alla carezza», prosegue: «Non ho mai usato maniere accademiche, da cavalletto. Tra i venti e i trent’anni volevo sperimentare di tutto, materiali, metodi e ho esposto di continuo. A un certo punto però mi sono ritirato… continuando a lavorare. Già all’epoca i quadri erano incisi, ma poi sono arrivato a lasciarmi andare». E il risultato è una superficie vibrante e fluida, caratterizzata da un tratto ininterrotto, dal gioco di chiari e scuri che rompono la monocromia della tela. «Il ‘900 ha oltrepassato la figura, abbandonandosi a un automatismo psicologico e fisico. Il mio è un automatismo controllato nel senso che certe cose le lascio vivere da sole, anche perché non ho la possibilità di tornarci sopra. Per questo parlo di pittura processuale. Faccio l’opera in una seduta, non ripasso sul luogo del delitto. Prima devo studiare i gesti, in piccolo, con i bozzetti e l’errore significa ricominciare da zero». Altra peculiarità, l’insistenza sul colore viola. «Un colore puro che sta in mezzo tra i caldi della terra e i freddi del cielo e è, secondo me, il più mistico».
Conchiglie, dune e orizzonti sono dunque un pretesto; la descrizione delle pieghe di superfici o antri bui un modo per esplorare le dinamiche del dipingere nel suo farsi. «Non è un lavoro illustrativo. Non mi interessano i racconti, per me è già tanto cercare la pittura. E il quadro è un incontro, un incontro tra te e lei. L’artista è un monaco militare… Sai quante volte ho cercato di evitarlo? ».
1- I virgolettati, dove non specificato, sono di Mario Nalli, estratti da una conversazione avuta nell’agosto 2017 mentre preparava la mostra.