Nel 1977 veniva pubblicato “Le straordinarie avventure di Pentothal” una serie a fumetti in cui Andrea Pazienza fa affogare il protagonista, Pentothal, in una valanga di ossessioni, di distorsioni, di tragicità attraverso il suo strabordante, geniale, morboso e maniacale bianco e nero. Nonostante il titolo, Pentothal non attraversa nessuna avventura straordinaria. Al contrario, la sua storia è un’ombra, un profilo che si trascina altalenando tra un’asfissiante ordinarietà e la conseguente incapacità di piegarvisi. Pentothal è fermo, immobile, inerme, disperato. E di fronte a questo nulla, si perde in un flusso di coscienza, che lo porta sempre più in basso.
Quasi 40 anni prima, Jean-Paul Sartre pubblica un libro che, curiosamente, avrebbe dovuto chiamarsi, “Le avventure straordinarie d’Antoine Roquentin”. Il titolo ha finito per essere “La nausea”. La lontananza tra questi due titoli racchiude tutta l’essenza del romanzo di Sartre. Come Pentothal, anche il protagonista di La Nausea, Antoine Roquentin, vive in assenza di una qualsiasi straordinarietà, anche lui è fermo, bloccato di fronte ad un insignificante susseguirsi di giorni, al tedioso ripetersi dei cicli quotidiani di giorno-notte, di fronte alla realizzazione che tutto ciò che sperava essere, diventare, vivere, è così lontano da essere irraggiungibile. Antoine si trova a vivere una vita che è mera ‘esistenza’ e “non è bella a vedersi, l’Esistenza”, specifica Sartre. Antoine sognava avventure straordinarie, credeva, come la sua ex compagna Amy, nei ‘momenti perfetti’ e si trova disgustato di fronte alla realizzazione che “è questo che non avrò mai”.
V’è qualcosa a cui tenevo più che a tutto il resto. Non era l’amore, dio, no, né la gloria, né la ricchezza. Era… insomma, m’ero immaginato che in certi momenti la mia vita avrebbe potuto assumere un’essenza rara e preziosa. La mia vita presente non ha niente di molto brillante […] Ho saputo d’improvviso di aver mentito a me stesso per dieci anni. Le avventure sono nei libri. Naturalmente tutto ciò che si racconta nei libri può accadere davvero, ma non nello stesso modo. Ed è a questo modo che io tenevo tanto. […] – ed è questo che non avrò mai.
Contornato da questo vuoto, Antoine racconta il proprio senso di annullamento di fronte alla realizzazione che non c’è assolutamente nulla di straordinario nella sua vita. È in questo modo, con un urlo costante, tendando di dare una forma a quel senso di disgusto, di malessere che si prova quando ci si ritrova fermi, spenti, lontani da qualsiasi cosa si abbia sperato per se stessi, che Sartre presenta La Nausea, il suo “libro di furore e rabbia”. La rabbia di essere in balia di quel “flagello del libero arbitrio”, come lo definisce lo scrittore, poiché la libertà di esistere si traduce nella necessità di dare un senso a questa tragedia che è la vita e che implica un obbligo fondamentale: la responsabilità di inventare un significato.
Ho una specie di certezza… fisica. Sento che non ci sono momenti perfetti. Lo sento fin nelle gambe quando cammino. Lo sento continuamente, perfino quando dormo. Non posso dimenticarlo. Non c’è mai stata una specie di rivelazione; non posso dire: a partire da tale giorno, dalla tale ora, la mia vita s’è trasformata. Ma ora mi sento sempre come se questo mi fosse stato rivelato bruscamente il giorno prima. Mi sento abbacinata, a disagio, non mi ci abituo. […] Mi sopravvivo.
“All’incirca un terzo dei miei pazienti soffrono di casi di nevrosi clinicamente non definibili, ma derivanti da un senso di vuoto nelle loro vite. […] – e -‘sono bloccato’ è l’espressione con cui normalmente si descrivono”, scrive Carl Jung nel suo L’uomo moderno in cerca di un’anima. La ricerca di una via di uscita, il desiderio di fuggire, di spalancare i cancelli della libertà si è spesso tradotto in quel ‘apriti sesamo’ che caratterizza centinaia di favole e miti, racconti con i quali l’umanità ha dall’inizio dei tempi cercato di dare interpretazioni e risposte a quella ricerca di significato. Per Jung, Jospeh Cambell, o Clarissa Pinkola Estés nel suo splendido Donne che corrono con i lupi, allontarsi dalla propria natura, o personalità, è la fonte di questo disorientamento, di questa mancanza di significato. Riconnettere con il proprio essere, con la propria natura più selvaggia, trovare ciò che rende felici, e seguirlo, è la sola possibilità di ritrovare se non un significato, almeno un orientamento, una direzione. Per la famiglia della psicoanalisi jungiana, l’inconscio, i sogni, ma anche l’arte sono la barca che aiuta ad attraversare quel fiume di ossessioni, e che porta sull’altra riva dell’esistenza. Sartre sembra volergli fare eco.
Antoine, verso la fine del racconto, quando ascolta un vinile diffondere nell’aria le note di un jazz che canta “some of these days you’ll miss me honey” sembra mettere il piede su quella barca, almeno per un attimo. In quel momento Antoine realizza che l’arte, nelle sue forme più pure, come la musica o la letteratura, è il mezzo con cui trascendere spazio e tempo. “La musica buca queste forme vaghe e passa attraverso”, trascende spazio e tempo e la mera esistenza, si innalza al di sopra di essa per arrivare ad Essere, imperturbabilmente e per sempre.
C’è un’altra felicità esternamente, v’è questa striscia di acciaio, l’esigua durata della musica che traversa il nostro tempo da parte a parte, lo respinge, e lo lacera con le sue secche, piccole punte; c’è un altro tempo. […] Questa bella voce mi piace non per la sua pienezza o per la sua tristezza, ma specialmente perché è l’avvenimento che tante note hanno preparato, tanto in anticipo, morendo per farla nascere. […]
Per Jung il poeta, o più generalmente l’artista, riesce a creare, ad esprimersi proprio perché in contatto con la sua più intima essenza, un’essenza che spesso emerge ad un livello inconscio, come se un’altra persona, un’altra essenza, stesse scrivendo, dipingendo, suonando. Tramite quest’altro essere, l’artista trascende il presente, il passato, e proietta se stesso, e il suo Essere nel futuro. L’artista è insieme persona e istinto. Due esseri in uno. Una dualità.
Alla citazione di Luis-Ferdinand Celine con cui Sarte apre il libro “E’ un giovane senza importanza collettiva, è soltanto un individuo” sembra quindi opportuno rispondere ancora una volta con la penna di Pazienza “E ringrazia che ci sono io, che sono una moltitudine”
References: Andrea Pazienza, Le straordinarie avventure di Pentothal – Carl Jung, L’uomo moderno in cerca di un’anima – Clarissa Pinkola Estés, Donne che corrono con i lupi – Joseph Cambpell, the Lectures of Joseph Campbell, available on Spotify
Copertina: B.C. Lorio, In the fog, 2017 – CC BY-NC-ND 2.0
Extra: Andrea Pazienza, Pentothal, Fumettologica.
Marco Giovenale
Dicembre 23, 2021 @ 4:17 pm
thumbs up!
mg