‘Non guardare indietro’ gli avevano detto. È tutto ciò che c’era da fare, non guardare indietro per riportarla nel mondo dei vivi. Lui era sceso negli inferi, con la sua musica aveva ammaliato i demoni, convinto i sovrani dell’inferno a fare un’eccezione e permettergli di riportarla a casa. Ma Orfeo ha guardato indietro. Si è voltato. E la morte ha vinto di nuovo. Euridice è tornata indietro. Questa volta, per sempre.

Margaret Atwood parla del mito come di una ‘notizia che rimane sempre nuova’, nonostante il tempo che passa. Il mito è la voce dell’inconscio collettivo, per riprendere il concetto jungiano, e si traduce continuamente in qualcosa di diverso, svela una miriade di significati e si rinnova. Neil Gaiman le fa eco. Per lui il mito di Orfeo è uno specchio in cui ognuno si riflette, in cui ognuno trova un aspetto in cui si riconosce. La sua storia contiene quella di ogni essere umano. Per Gaiman non è difficile capire il perché Orfeo si è guardato indietro fallendo in ciò che probabilmente era la sua missione più importante. Nonostante fosse il più grande dei musicisti, nonostante Ade e Persefone gli avessero concesso di riportare indietro il suo amore, Orfeo è umano e rappresenta tutto ciò che rende umani: l’amore, la curiosità, la perdita, il fallimento. Ma se Orfeo fosse riuscito a sconfiggere la morte e riportare indietro Euridice? Se la morte smettesse di fare quello che è chiamata a compiere?
Molto tempo fa credevo di avere il lavoro più duro di tutta la famiglia. All’inizio vivere e morire erano qualcosa di nuovo e le persone lo facevano con lo stesso entusiasmo con cui affrontano le novità. Poi divenne sempre più duro. Le uniche persone che mi accoglievano con sollievo erano coloro che volevano fuggire da qualcosa di terribile o intollerabile. Mi rendeva triste e così, decisi di smettere. – Death, Neil Gaiman
Death, spinoff del fumetto The Sandman di Gaiman, decide per un po’ di smettere di essere la porta di ingresso al mondo dell’ombra. Un paradigma assurdo, lo stesso che caratterizza Le intermittenze della morte, di José Saramago. Alla mezzanotte di un anno non precisato, in un paese non definito, nessuno muore più. In un susseguirsi di situazioni al limite dell’apocalittico, e con la stessa ironia, scaltrezza e ferocia con cui ha analizzato temi vicini alla religione (Vangelo Secondo Gesù Cristo o Caino) o alla politica (Cecità, Saggio sulla lucidità), Saramago con Le intermittenze della morte offre una riflessione sul ruolo della morte e la sua intrinseca relazione con la vita.
Che farà la chiesa se non morirà più nessuno? La chiesa, signor primo ministro, si è talmente abituata alle risposte eterne che non riesco ad immaginarla darne delle altre. Anche se la realtà le contraddice. E’ fin dall’inizio che non abbiamo fatto altro che contraddire la realtà, ed eccoci qui […]. Alla chiesa non si è mai chiesto di spiegare comunque, l’altra nostra specialità è stata di neutralizzare, con la fede, lo spirito curioso – Le intermittenze della morte, José Saramago
“Accendere una luce significa proiettare un’ombra” diceva Ursula K Le Guin. Per Le intermittenze della morte è lo stesso. Descrivendo con sarcasmo, ironia e spietata lucidità cosa accadrebbe, politicamente e socialmente, se la morte non uccidesse più, Saramago vuole dimostrare che sebbene considerata come una condanna, in realtà la morte non è altro che una ultima, inevitabile, ed importante tappa del viaggio, quella che, paradossalmente, dà senso a tutto il percorso.
“… la morte, per suo conto, da sola, senza nessun aiuto esterno, ha sempre ucciso meno dell’uomo – Le intermittenze della morte, José Saramago
Nel fare questo sceglie lo stesso paradigma di Gaiman, e la morte, come Death, decide di smettere di uccidere. Prima completamente, poi con una nuova strategia: le persone che devono morire ricevono una sua lettera otto giorni prima della data del loro decesso. Questo nuovo approccio si rivela però presto inefficace nei confronti di un violoncellista. Spedita quattro volte, la lettera a lui destinata torna indietro. La morte, confusa, spia l’artista e nel guardarne i movimenti scopre lentamente la sua antitesi, la vita. La morte si fa da parte, trasformando il racconto da un’analisi politica e sociale, ad un inno alla vita, a dimostrazione di come solo essa, nel suo essere terribile, spaventosa, totalizzante e coinvolgente, è tutto ciò a rendere la nostra esperienza sulla terra unica, tanto da convincere, e in un certo senso anche sconfiggere, la morte stessa.
Il volo setoso e malevolo dell’acherontia atropos passò rapidamente per la memoria della morte, ma lei lo allontanò con un gesto della mano che tanto somigliava a quello con cui faceva sparire le lettere dal tavolo […] quanto a un cenno di ringraziamento rivolto al violoncellista che ora girava il capo verso di lei, che perforava con lo sguardo l’ardente oscurità della sala – Le intermittenze della morte, José Saramago
È la vita che rende l’uomo quello che è. Come Orfeo, l’uomo può tentare affannosamente di riprendersi ciò che la morte ha rubato ma ad un certo punto, si volterà indietro. Come Orfeo, l’artista può sfidare la morte e tentare di sconfiggerla con le sue opere. Ma tutto ciò che rappresenta, sarà sempre la proiezione di qualcos’altro. Sarà un fantasma. Per questo, ricorda ancora una volta Gaiman, forse è meglio lasciare morire ciò che non può che essere dato indietro, e dare alla morte, ciò che le appartiene.
Che ci piaccia o no, l’unica giustificazione per l’esistenza di tutte le religioni è la morte. Hanno bisogno della morte tanto quanto del pane per mangiare – Le intermittenze della morte, José Saramago
Ognuno cerca l’equilibrio perfetto nella vita. Un equilibro tra giusto e sbagliato, luce e ombra. Guardando alla natura, tuttavia, si nota come nel mondo luce e ombra siano in equilibrio solo due volte l’anno. Essere umani significa godere di questo squilibrio e continuare a camminare.
Did you know that a good man died
oh how terrible they say
But you know that’s just a part of life
it kind of happens every day
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Immagine di copertina: Photo Credit: Death, Neil Gaiman, Stefania Perna.